Entrando nella mensa diocesana della Comunità di Sant'Egidio di Frosinone si respira quasi un'aria di festa, un'atmosfera allegra e conviviale che forse non ci si aspetterebbe di trovare in una "mensa per i poveri".
Chi vi entra per la prima volta potrebbe aspettarsi un clima mesto e un chiacchiericcio sommesso, ma quello che si trova di fronte in realtà è un ambiente familiare, allegro, un posto in cui si va per cenare e per trascorrere la serata tra amici.
Seduti a un tavolo una mamma e un papà con la loro bambina, a poca distanza le signore che chiacchierano tra loro, qualcuno seduto da solo e dalla cucina un via vai di piatti serviti dai volontari, che per l'occasione vestono i panni di camerieri, ma che sono, prima di ogni altra cosa, amici degli ospiti.
I tavoli non sono tutti occupati, perché è una serata piovosa, spiegano i volontari, e molti, non avendo l'auto preferiscono non incamminarsi sotto la pioggia.
Gli ospiti abituali, però, ci sono tutti. La signora Italia è la prima a voler raccontare la sua storia. È l'ultima di dieci fratelli e la prima femmina, che il suo papà tanto desiderava per poterle dare il nome della sua amata nazione. Ha tre figli e quattro nipoti e quando parla di loro le si illuminano gli occhi. «La mia seconda figlia ha avuto un colloquio di lavoro proprio oggi - racconta - ma è difficile che venga assunta...».
Italia frequenta la mensa da tre o quattro anni. È stata assente soltanto in un periodo in cui aveva trovato lavoro come badante ed è tornata quando la signora di cui si occupava è stata ricoverata in una casa di riposo. Le difficoltà sono tante, a volte non riesce a pagare le bollette. Per l'ultima, racconta, è stata aiutata dalla Curia, poi ne sono arrivate altre due, che sono già scadute, e sta aspettando di riuscire a mettere da parte qualche risparmio per poterle saldare. Non perde il sorriso, però, e spiega quanto sia importante per lei e per i suoi amici che frequentano la mensa trascorrere qualche ora in quel luogo. «Perché più del piatto di pasta - dice - è importante la compagnia».
Non è soltanto un luogo in cui dare un pasto caldo a chi ne ha bisogno, ma anche un punto di riferimento per chi cerca una parola di conforto o semplicemente qualcuno con cui parlare. «Capita spesso che le persone che vengono qui - raccontano i volontari - siano motivati più dal bisogno di combattere la solitudine che da altro. E noi siamo qui anche per questo, per parlare con loro ed essere loro amici.
Tra i commensali sempre presenti, poi, c'è Fabrizio, che ogni lunedì, mercoledì e venerdì percorre i diversi chilometri che separano casa sua dalla mensa. È abituato a camminare tanto Fabrizio e non lo ferma neanche la pioggia.
Non ama stare a casa e allora esce appena può. Va a dare una mano agli ambulanti del mercato e qualche volta va a ballare con suo fratello in un locale poco distante da Frosinone.
Anche il signor Antonio è un habitué. Racconta di qualche amore di gioventù, ma che non ha mai voluto sposarsi, delle antiche origini della sua famiglia e della sua cara mamma, con la quale ha sempre vissuto e che ha perso da qualche anno. Ha lavorato per tanti anni, ma ora che non lavora più ed è rimasto solo, la mensa è un importante punto di riferimento per lui, un luogo dove trova sempre un pasto ad aspettarlo, ma soprattutto, dice, «la gioia della compagnia».
Ed è proprio la gioia che traspare dai volti di tutte le persone che compongono questa grande famiglia, una gioia si fa spazio tra i problemi e le difficoltà e che resta nelle vite di chi accoglie gli ospiti all'ingresso, di chi è impegnato a preparare la cena in cucina, dei ragazzi che servono ai tavoli e, soprattutto, di chi si siede a tavola per condividere con gli amici la cena e un momento di spensieratezza.