Un processo di delegittimazione che ha portato a una perdita dei punti di riferimento. L'arcivescovo di Gaeta, monsignor Luigi Vari, interviene su quanto accaduto negli ultimi giorni a Coreno Ausonio. Il sindaco Simone Costanzo ha raccontato l'allarme lanciato dalle forze dell'ordine in merito al lancio di sassi di ragazzi, di età compresa tra i 12 e i 15 anni, sulle automobili in transito sulla provinciale Ausonia-Coreno. Da qui anche l'appello alle famiglie affinché intervengano sui propri figli.

Eccellenza, cosa pensa di questo appello lanciato alle famiglie? E cosa si sente di dire?
«Le famiglie sono disorientate perché anche loro non sanno, spesso, come agire. Questi ragazzi sono diventati, un po' per tutti, quasi totalmente irraggiungibili, sembra che vivano in un mondo tutto loro in cui noi non abbiamo accesso».

Come si può trovare il punto di contatto?
«Credo che l'accesso sia sempre il prendersi cura dell'altro, mai il disinteressarsi. Occorre riempire il loro cuore e la loro mente. Siamo in un periodo in cui si c'è stata una delegittimazione di tutto».

Cosa intende?
«Intendo che sono stati delegittimati nel tempo tutti gli enti educativi. E questo, nel lungo periodo, ha creato un deserto. Ma la questione non riguarda solo Coreno Ausonio, ma ci sono molti altri episodi sparsi nel territorio».

A quali episodi si riferisce?
«Ho saputo di risse che ci sono state nel corso delle feste di Halloween ma anche di altri episodi raccontati dalle cronache. Assistiamo a un mondo dove si esprime sempre più la violenza».

Cosa bisogna fare?
«Credo che ci dobbiamo dare una svegliata tutti, costruire una rete di relazioni educative. Bisogna crederci e non farci vedere, noi adulti, rassegnati. La cosa molto grave è che queste "stupidaggini" in altri casi sono costate vite umane. Questi giovani non comprendono le conseguenze che le loro azioni possono avere. Occorre rilegittimare tutti gli enti educativi ma in un'ottica d'insieme, perché da soli non possono fare nulla. Ognuno nel territorio ha bisogno di trovare alleanze, complicità: scuola, parrocchia, sport, famiglia. Se tutti questi attori si alleano, ognuno per la propria parte, si può uscire da questo deserto. Chi ha una responsabilità in questa società non può dire di non farcela, ma deve trovare nuove alleanze che possano permettere di riuscire».

Quello che lei propone è un lavoro sinergico tra le diverse istituzioni?
«Esattamente. Collegare gli spazi, le idee. Collegare la vita, dare una visione d'insieme ma senza colpevolizzare nessuno. Bisogna far capire che certi atti sono gravi e lo sono ancor di più per quello che potrebbero produrre».

Secondo lei tutto questo può essere determinato anche da una mancanza di punti di riferimento? Di modelli positivi?
«In realtà anche in passato c'erano modelli di riferimento positivi e altri che non lo erano. Però esisteva una guida che insegnava a comportarsi in un determinato modo. Il problema è che oggi c'è stato un lento, ma continuo, processo di delegittimazione. E credo che siamo arrivati al punto in cui stiamo raccogliendo i risultati di un periodo in cui gli adulti hanno perso quel senso di responsabilità. Ma dobbiamo essere ottimisti».

Un messaggio di fiducia, quindi...
«Assolutamente si. Dobbiamo avere molta fiducia perché il ruolo educativo è sempre il più difficile e questo è accaduto in ogni tempo e in ogni epoca. Pongo una domanda: forse siamo in un tempo in cui c'è un deficit d'amore? Di voler bene? Spesso siamo tutti concentrati su noi stessi non curanti di chi ci è intorno. Ma chi vuol bene educa sempre».