Gli elementi c'erano tutti, mancava l'ultimo tassello. Ma era solo questione di ore. Quando i carabinieri hanno bussato a casa di L.S., operaio di circa trent'anni di Sant'Elia, non è stato difficile capire che avevano trovato la persona giusta. E nella giornata di ieri, dopo essere stato ascoltato alla presenza dell'avvocato Emilio Roncone, è stato posto ai domiciliari in attesa degli ultimi adempimenti burocratici.

Per i militari della Compagnia di Cassino l'operaio santeliano avrebbe investito e ucciso Diana Maria Zaharie, la ventitreenne rumena trovata senza vita sul ciglio della superstrada all'alba dello scorso 12 settembre. Un impatto, sembrerebbe, impossibile da evitare. Ma una volta accaduto l'irreparabile il trentenne non avrebbe accostato. Anzi, avrebbe accelerato. Sull'asfalto, accanto al corpo della giovane e talentuosa artista rumena, anche pezzi di carrozzeria. E di un fanale. Lasciando così nelle mani dei carabinieri alcuni elementi che hanno guidato le ricerche. Fondamentali, però, le immagini delle telecamere insieme ai riscontri incrociati. Tutti gli elementi raccolti sono stati messi a sistema con quanto raccontato dal corpo della giovane vittima attraverso l'autopsia. Diciotto giorni di intese attività d'indagine, coordinate dal pm Emanuele De Franco. Poi il tassello che mancava.
E quando ieri il giovane ha rilasciato le dichiarazioni spontanee tanto attese la ricostruzione è combaciata perfettamente con le tesi degli inquirenti.

L'incidente e la paura
La vittima, Diana Maria Zaharie, era arrivata da poco in Italia e nelle ventiquattro ore precedenti alla tragedia aveva effettuato due accessi al pronto soccorso dell'ospedale Santa Scolastica in stato confusionale. Ma al momento della chiamata era scomparsa, per poi essere ritrovata riversa sull'asfalto all'alba. La ragazza, iscritta a un istituto d'arte - piena di talento - sarebbe giunta in Italia nei primi giorni di settembre e sarebbe stata vista con un ragazzo italiano. Ma di lei le informazioni sono baluginanti. Si conosce, purtroppo, solo il tragico destino. Da lì partono le indagini dei militari.

Telecamere al setaccio, confronti con quelle che presidiano ingressi e uscite della città. Poi, quando il quadro ha iniziato a prendere forma, verifiche incrociate anche con le attività che potevano essere state coinvolte, carrozzerie comprese. E appelli continui. Un lavoro intenso, che ha portato presto sulla pista giusta.
Ancora non chiara la reale motivazione che ha spinto il giovane a fuggire: con molta probabilità a bloccare l'istinto di soccorrere la ragazza potrebbe essere stata la paura, paura di perdere il lavoro. Paura delle conseguenze. Di non riuscire a dimostrare che quell'impatto era risultato purtroppo inevitabile.
Il giovane, dopo essere stato ascoltato, è stato posto ai domiciliari.