Un periodo prolungato di siccità, bombe d'acqua e grandinate. Un clima avverso che sta causando una crisi epocale al settore agroalimentare. Se a ciò si aggiunge un caro prezzi che le aziende faticano a sostenere, il 2022 si può definire, senza troppe incertezze, annus horribilis per l'agricoltura e l'allevamento.
Rincari e aiuti
Caro energia e difficoltà a reperire le materie prime, che quindi subiscono a loro volta un aumento di prezzo, tra le conseguenze del conflitto russo-ucraino. Resa bassa delle coltivazioni tra quelle dell'emergenza climatica.
Per fare fronte ai problemi che stanno mettendo in ginocchio agricoltori e allevatori sono state inserite nel decreto legge "Aiuti Bis" le misure proposte dal ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Stefano Patuanelli. Misure che prevedono un incremento di duecento milioni di euro per il Fondo di Solidarietà nazionale per sostenere imprese e cooperative agricole, ma che potrebbero non essere sufficienti.
«Gli aumenti sono molti e il fondo stanziato con il decreto "Aiuti Bis" potrà aiutare gli agricoltori, ma va rifinanziato», sottolinea il vicepresidente di Confagricoltura Giordano Emo Capodilista. «Duecento milioni non bastano – aggiunge – considerando anche che il settore primario è il primo della filiera e che, pertanto, spesso gli agricoltori non riescono a fare utile né a influire sulla catena finale, la grande distribuzione». Capodilista sottolinea, inoltre, che il caro energia ha avuto ripercussioni sui prezzi di frutta, verdura e cereali, evidenziando come gli aumenti siano legati sì alla guerra ma anche alla speculazione sui mercati.
Le perdite produttive
A fare il punto sulle gravi conseguenze della siccità sull'agricoltura ciociara è Vincenzo Del Greco Spezza, presidente di Confagricoltura Frosinone: «A risentirne è in primis il settore cerealicolo – spiega – che in provincia di Frosinone ha visto attestarsi la produzione di orzo e frumento intorno al sessanta per cento della media degli ultimi anni, mentre risulterà più complicata la situazione del mais e quella per il sostentamento del bestiame». Gli allevatori, infatti, che hanno avuto una resa scarsa delle proprie coltivazioni per i foraggi degli animali, sono costretti ad acquistarli a prezzi elevati.
«Per via della siccità le coltivazioni autunnali – argomenta Del Greco Spezza – hanno perso dal trenta al quaranta per cento, mentre per quanto riguarda quelle con semina in primavera e raccolta in questo periodo o a settembre, come il mais, abbiamo stimato perdite anche superiori al cinquanta per cento. A soffrire maggiormente della siccità tutte le coltivazioni che hanno bisogno di essere irrigate. C'è da considerare – aggiunge – che l'ottanta per cento del cibo che consumiamo viene da prodotti agricoli che devono essere irrigati. Quindi la scarsità di acqua unita anche al costo per pomparla nei campi sta creando enormi difficoltà».
Cambiamenti climatici
«La siccità non è un problema di giugno e luglio – evidenzia il presidente Del Greco Spezza – In Italia è iniziata già a dicembre del 2021 e non ci sono state piogge nei mesi in cui avrebbero dovuto esserci. Per le coltivazioni autunnali, infatti, le piogge dovrebbero cadere tra gennaio e febbraio – spiega – e, non avendo queste ricevuto acqua in quel periodo, hanno perso tra il trenta e il quaranta per cento. Per le coltivazioni successive, invece, la situazione è stata ancora peggiore perché oltre a non aver avuto le piogge non ci sono state neanche nevicate in altura, che con la primavera tendono a sciogliersi e a portare acqua nei bacini idrici di raccolta. Tutto ciò ha portato alla siccità che oggi è palese».
Con il mese di agosto è tornata la pioggia, ma è difficile pensare che le precipitazioni improvvise e abbondanti delle ultime settimane possano rappresentare una soluzione. «Questa situazione – spiega – non si può risolvere con la bomba d'acqua perché la siccità viene ricompresa in un discorso molto più ampio che è quello dei cambiamenti climatici. Andiamo incontro a un cambiamento che sta portando alla desertificazione delle terre e quindi alcune colture, che non si inseriscono bene in climi desertici, tendono a risentirne di più».
A subire i danni maggiori le coltivazioni di riso e di mais, ma anche le viti, considerando che la vendemmia è stata anticipata di oltre un mese, e lo stesso avverrà molto probabilmente anche con la raccolta delle olive. «Siamo in un momento di grossa emergenza – conclude il presidente provinciale di Confagricoltura – Le bombe d'acqua, che danneggiano la società civile distruggendo città e paesi interi, distruggono anche e soprattutto le coltivazioni. E questo è quello che sta avvenendo. I raccolti vengono distrutti o dal caldo torrido senza pioggia o da temporali che creano frane e smottamenti o dalle grandinate che danneggiano irrimediabilmente qualsiasi tipo di coltivazione in essere, sia che si tratti di seminativi a rotazione, come mais, girasoli o soia, per parlare delle coltivazioni di questo periodo, sia di vigne e uliveti».