In un anno dieci campi da calcio consumati a Frosinone. Legambiente lancia l'allarme davanti ai numeri del nuovo rapporto Ispra sul consumo di suolo e chiede di rivedere i piani urbanistici, un freno alle nuove edificazioni e rinaturalizzare. Secondo l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, a Frosinone città nel 2021 rispetto al 2020, si registra una crescita di 7,13 ettari di suolo consumato. Tale valore negli ultimi anni non era mai stato così elevato al punto che il capoluogo ciociaro nella graduatoria nazionale per il 2021 è al 160esimo posto su poco più di 7.900 comuni italiani. Un primato poco invidiabile in una graduatoria guidata da Roma, Ravenna, Vicenza, Reggio Emilia e Catania, le città in cui nel 2021 si è consumato più suolo in Italia. Inoltre, nel Lazio, Frosinone si piazza alla settima posizione dopo Roma, Fiumicino, Fara in Sabina, Viterbo, Guidonia Montecelio e Monterotondo.

«La pubblicazione del nuovo rapporto Ispra 2022 su "Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici" getta una luce sinistra su un problema ancora colpevolmente sottaciuto nel nostro paese, ovvero l'inarrestabile artificializzazione delle superfici e la progressiva perdita di suolo naturale», afferma Stefano Ceccarelli, presidente del circolo di Legambiente Frosinone il Cigno.

«Particolarmente grave è la situazione riguardante Frosinone - osserva Ceccarelli - Il confronto tra il 2021 e il 2020 è impietoso e non lascia spazio a giustificazioni di sorta: in un solo anno l'incremento di consumo di suolo netto nel territorio comunale è stato di 7,13 ettari (10 campi da calcio!): si tratta del valore più alto da un decennio a questa parte. Limitandosi a un confronto con gli anni più recenti, gli incrementi 2016-2017, 2017-2018, 2018-2019 e 2019-2020 sono stati rispettivamente di 1,14, 1,08, 0,50 e 2,19 ettari, dunque di gran lunga inferiori a quello osservato nel 2021». Anche se, va aggiunto, nel confronto tra gli anni 2006-2012 a Frosinone il consumo di suolo è cresciuto di 49,66 ettari. Da allora poi i valori erano scesi fino al nuovo boom.
Legambiente evidenzia che «tutti i 6 comuni del Lazio che precedono Frosinone in questa classifica hanno una percentuale complessiva di suolo consumato inferiore (fra i capoluoghi di provincia, Roma ha il 23,5% e Viterbo il 6,1% contro il 29,6% di Frosinone). La nostra città si conferma dunque al 3° posto nel Lazio in quanto a percentuale di superficie consumata, venendo subito dopo Ciampino e Anzio, comuni la cui estensione è peraltro inferiore a quella di Frosinone. È inoltre saldamente al primo posto fra i 5 capoluoghi di provincia in quanto a densità di consumo di suolo 2020-2021 con 15,26 metri quadrati/ettaro».

Ecco allora che, per Ceccarelli, «dobbiamo arrestare questo trend. La furia edilizia scatenatasi durante l'amministrazione Ottaviani, che è all'origine dei dati certificati da Ispra e che prosegue senza sosta, deve cessare. Non è tollerabile che il Comune si ostini a voler "fare cassa" con gli oneri concessori svendendo il suolo e pregiudicando così la capacità di affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici, dal dissesto idrogeologico, dal diffuso degrado del territorio, del paesaggio e dell'ecosistema. Come sottolineato dagli organismi internazionali più accreditati, la perdita di suolo naturale e agricolo è un grave danno per il nostro ambiente e il nostro benessere. Un suolo in buona salute fornisce cibo e biomassa; filtra e assorbe le acque meteoriche riducendo il rischio di allagamenti e siccità; mitiga l'effetto isola di calore nelle lunghe estati arroventate dal cambiamento climatico, come quella in corso; è, in estrema sintesi, una risorsa non rinnovabile che deve essere preservata per le generazioni future. Facciamo appello al sindaco Mastrangeli e al consiglio comunale perché si cambi finalmente registro. L'obiettivo da perseguire è il consumo di suolo netto zero, mettendo un freno ai permessi a costruire per nuovi insediamenti edilizi, dicendo basta a nuovo asfalto e procedendo a una ricognizione delle tante aree pubbliche degradate e dismesse al fine di una loro rinaturalizzazione».