Dopo l'annuncio del Comune che informa del trasloco del museo archeologico dalle anguste stanze dell'ex scuola di via Vittorio Emanuele a quelle più antiche, ma rinnovate e modernizzate, dell'ex convento di piazza Garibaldi, la cittadinanza si chiede verrà chiusa in qualche sala l'austera statua del togato romano restaurata di recente e che gli atinati conoscono con l'affettuoso nome Pasquino.
La richiesta ha un suo fondamento. La statua fu ritrovata negli anni ‘30 in località Casino Pica, ad Atina inferiore, era sepolta sotto un cumulo di terra e calcinacci. Fu rinvenuta senza testa, infatti ha sul collo un incavo per incastrarvi la testa che veniva sostituita in onore dell'imperatore del momento e fu collocata su un piedistallo sulla destra del grande portone del palazzo Ducale, sede del municipio atinate.
Nel dopoguerra, invece, il togato fu munito di testa: questa fu trovata nel 1950 nel centro storico di Atina: era sepolta sotto delle macerie. Generazioni di atinati conoscono la statua come Pasquino perché ebbe lo stesso destino di quella presente a Roma nell'omonima piazza: ai suoi piedi un anonimo censore locale usava lasciare componimenti satirici sui personaggi noti e meno noti del paese.
La statua venne rimossa per essere restaurata, ma non ha fatto più ritorno sul suo piedistallo adiacente il municipio. I cittadini reclamano e sono pronti a firmare una petizione in tal senso.
«Sì, sono stato informato del desiderio dei miei concittadini di poter rivedere la statua sul basamento che da decenni lo ha sostenuto - dice il sindaco Adolfo Valente - Non conosco nei dettagli la situazione che vivono reperti antichi di questa natura in rapporto all'ente che li tutela, ma ho intenzione di chiarire il più possibile ogni aspetto di questa vicenda così da adeguare i futuri provvedimenti alla richiesta dei miei concittadini di dare il massimo lustro all'unica statua antica rinvenuta finora nel nostro territorio».
E di testimonianze antiche che abbelliscono le vie del centro storico di Atina se ne contano un bel po', a testimoniare la ricchezza del patrimonio storico-archeologico che la città sannita prima e romana poi può vantare.