Un "Prato" colmo di rifiuti. È l'indecente spettacolo in cui si sono imbattuti gli escursionisti saliti sulle cime del gruppo di monte Prato, l'altura più elevata del territorio atinate. Non è un bel vedere per chi ama recarsi su quel monte (1.030 metri) per godere degli splendidi panorami che offre sulla sottostante Valle di Comino e sulle alture che d'intorno si susseguono.
È dagli anni Ottanta che quelle quote sono apprezzate come risorsa turistica: l'amministrazione dell'epoca rifece l'unica stretta strada che sale fin lassù rimodernandola e asfaltandola; furono curati alcuni stazzi con relative capanne in pietra e legno e, in seguito, fu proseguita la strada (benché rimasta di terra) fino a un pizzo dal quale oggi si gode da meridione una vista mozzafiato sulla Valle e i monti della Meta.
Per tutto l'anno quegli spazi sono l'habitat di mandrie allo stato brado e anche di animali selvatici come i lupi. Ma il monte Prato non è solo natura. La storia è passata di lì. Sono diversi e visitabili i ricoveri e i fortini creati dai tedeschi lungo la linea Gustav. E ora anche la devozione reclama le sue tradizioni. Quei crinali, infatti, sono un tratto del Cammino di San Benedetto percorso da pellegrini e viandanti che da Norcia, passando le Gole del Melfa, vanno a Montecassino. Anche per questo monte Prato è meta di escursionisti e turisti. Ma c'è il lato negativo di cui il cumulo di rifiuti trovati l'altro ieri è solo un aspetto.
Lungo tutta la strada che sale da valle, discariche abusive sono nascoste dai boschi: la scarsa sorveglianza di quei luoghi favorisce atti vandalici e incivili che deturpano l'ecosistema vanificando i progetti di sviluppo che negli anni passati vedevano monte Prato una risorsa turistica da potenziare. Ma, nonostante un fiume di propositi sciorinati dalle varie amministrazioni, tutto è rimasto sulla carta.