«Abbattere le liste di attesa è già di per sé il miglior progetto di prevenzione che si possa fare. Le liste di attesa rappresentano il cancro che sta uccidendo, giorno dopo giorno, la sanità pubblica del Lazio». Così l'ex consigliere comunale di Cassino Carmine Di Mambro - da sempre in prima in linea per i diritti dei malati - parla della cronica difficoltà dei pazienti a essere sottoposti a visite ed esami.

«Non si può addossare la colpa del problema, che si trascina da anni, solo al Covid-19. Sono anni che i cittadini pagano con la propria salute le inefficienze organizzative delle liste di attesa, ancor prima che arrivasse la pandemia. È ora che i proclami, le campagne elettorali e i numeri, lascino il posto a fatti concreti, e si smetta di giocare sulla salute dei cittadini. A subire maggiormente i tempi lunghi per esami e visite, sono soprattutto quelli che nel nostro territorio e in provincia di Frosinone, da cui arrivano le maggiori lamentele. L'ultimo rapporto del ministero della Salute parlava «di attese in alcuni casi infinite» sulle telefonate arrivate al numero verde, istituito per individuare le criticità relative alle liste di attesa nella sanità pubblica» afferma.

Un percorso tortuoso
«La presa in carico dei pazienti è ancora un percorso tortuoso su cui si innestano tempi infiniti, che si misurano sulla distanza minima di un anno fino a 24 mesi per effettuare una Tac, una Pet, una Moc, pap test, visite ginecologiche, mammografie, risonanze magnetiche e visite dermatologiche. Pertanto uno dei problemi più gravi è il superamento dei tempi massimi previsti per l'erogazione delle prestazioni di primo accesso. Tra le prestazioni di primo accesso, quella per cui si sono registrate più criticità - continua - è la colonscopia, l'arma principale per la prevenzione del tumore del colon-retto, la mammografia determinante in alcuni casi tumorali e la Tac». Poi affronta un'altra questione.

Le liste bloccate
«Un capitolo a parte sono le vere e proprie lista d'attesa bloccate, ovvero quelle per le quali non è possibile neppure fissare un appuntamento» afferma Carmine Di Mambro. Che poi aggiunge: «Quello che emerge, però, è anche la poca conoscenza sul diritto di poter ottenere in intramoenia, pagando il solo ticket, se la prestazione non viene garantita entro i tempi massimi previsti. Se la Asl non garantisce il rispetto dei tempi massimi previsti per erogare la prestazione sanitaria, il decreto legislativo 124 del 1998 prevede che la stessa indichi al cittadino le strutture pubbliche o private accreditate (convenzionate) che assicurano il rispetto dei tempi.

Nel caso nessuna struttura pubblica o accreditata sia in grado di erogare la prestazione nei tempi previsti, l'Azienda sanitaria deve autorizzare la prestazione in regime di intramoenia. In questo caso - afferma ancora - il cittadino non deve sostenere alcun onere economico aggiuntivo, se non l'eventuale ticket (nel caso non ne sia esente). Il lavoro svolto dal Ministero va nella giusta direzione, poiché servono dati ufficiali che certifichino la situazione che più volte abbiamo messo in luce in questi anni: i cittadini si ritrovano spesso da soli, con poche e frammentarie informazioni». Una disamina puntuale e un appello per una azienda costantemente impegnata su tanti fronti e in prima linea con l'emergenza Covid.