«Salgo su un treno in corsa per continuare la corsa». Così il dottor Angelo Aliquò, nel giorno dell'insediamento come direttore generale della Asl di Frosinone. L'8 giugno scorso. Quel concetto è una strategia, perché il manager ha intenzione di lasciare il segno partendo da una situazione positiva. Ha le idee chiare e lo ha fatto capire immediatamente: «Non dobbiamo pensare alla sanità soltanto come ospedali: penso invece ad una gestione che passi dal coinvolgimento dei Comuni. Investendo molto pure sulla sostenibilità ambientale: la prevenzione si fa anche migliorando la qualità della vita. Ho già visto che nell'Atto aziendale c'è un apposito capitolo dedicato alla salute e all'ambiente».

Angelo Aliquò ha già studiato la macchina organizzativa dell'Azienda Sanitaria Locale di Frosinone e ha individuato un percorso lungo il quale muoversi. Ma sa pure che la pandemia può ribaltare gli scenari e tutti i segnali vanno nella direzione di una nuova ondata di contagi a luglio. Tiene alta la guardia, consapevole però che il sistema sanitario locale ha le carte in regola per reggere qualunque tipo di impatto. Ma sottolinea un aspetto non secondario: finora i ricoveri (parametro fondamentale) sono sotto controllo. Lo abbiamo intervistato a tutto campo.

Quale è stato l'impatto con questa Asl? E l'importanza professionale di una nomina a direttore generale?
«Non è la mia prima volta, ma sono molto entusiasta di essere qui, felice di essere stato scelto e di arrivare dopo un periodo in cui c'è stato un direttore generale molto apprezzato come la dottoressa Pierpaola D'Alessandro. Sto esplorando il territorio per conoscerlo a fondo e ho già iniziato il mio percorso. Sono molto ottimista perché ho conosciuto professionisti di sicuro valore. In Azienda ho trovato un clima molto positivo e pieno di entusiasmo. Naturalmente ho appena iniziato un percorso, ma l'impatto è stato ottimo».

Covid: dobbiamo aspettarci un'ondata estiva? Cosa si deve fare?
«Purtroppo è possibile e quindi le uniche cose da poter fare sono: essere prudenti nei contatti con le altre persone e non nascondere a nessuno l'eventuale propria positività. Essere sempre attenti alle indicazioni fornite dall'assessorato e dal ministero della salute per agire tempestivamente se richiesto. Al momento c'è una ripresa della curva dei contagi ma i ricoveri sono pochi. Però non è escluso che la situazione possa cambiare. Credo dovremo ripensare l'uso delle mascherine, specialmente al chiuso: ci stiamo disabituando ad indossarle».

Quali sono le priorità della sanità post Covid?
«Il recupero delle liste di attesa certamente lo è, ma l'obiettivo più generale è quello di arrivare ad una eccellente normalità; migliorare le prestazioni e la qualità delle prestazioni, far capire alle persone che non c'è bisogno di andar via per trovare cure migliori. Tranne settori iperspecialistici, qui abbiamo tutto e anche di buon livello. Sarebbe il caso di farlo sapere meglio. Più in generale ci sono tante prestazioni da recuperare perché in questi oltre due anni la pandemia ha assorbito la stragrande maggioranza del tempo e delle energie. Abbiamo bisogno di occuparci delle patologie normali. Per quanto riguarda la pandemia, vorrei aggiungere un concetto: non siamo ancora nella fase del ricovero da Covid. Siamo ancora in quella di ricovero con Covid: è un punto fondamentale».

Per quanto riguarda le attese al Pronto Soccorso e la mancanza di personale cosa si intende fare? E sulla sicurezza, visti gli episodi di aggressione agli operatori?
«Potenziare il territorio con gli ospedali di comunità significa fare in modo di evitare accessi impropri al Pronto Soccorso, e vi assicuro che sono tanti; poi potenziare i triage con il sistema "see & treat" già utilizzato in altre regioni in modo che gli infermieri, formati e informati, possano svolgere al meglio il loro lavoro. È ovvio comunque che non cesseremo di cercare i medici per l'emergenza. Per le aggressioni, quelle attengono all'educazione delle persone; ci sono i controlli, ma l'ospedale non è una caserma, non può essere militarizzato. Se riusciremo ad abbattere i tempi di attesa, diminuiranno anche i problemi causati da qualcuno più fragile o ignorante. Ma si sappia che tuteleremo in ogni modo il nostro personale».

Stabilizzazione dei precari e concorsi. Quali figure servono oggi alla Asl di Frosinone?
«Le persone attualmente a tempo determinato, che hanno maturato i requisiti per la stabilizzazione saranno tutte stabilizzate, senza se e senza ma. Al più presto. Nella Asl servono tante altre figure: anestesisti, medici dell'emergenza, ortopedici, ginecologi e potrei continuare la lista, ma so che mancano in tutto il Paese e quindi dovremo aspettare la conclusione delle scuole di specializzazione o che qualcuno rientri dall'estero. Ma mancano altre figure come gli operatori sociosanitari; e lì l'Asp, già da prima del mio arrivo, stava procedendo nel reclutamento. Ovviamente andremo avanti perché la figura dell'operatore sociosanitario è irrinunciabile per il miglior funzionamento dei reparti. Più in generale, la determinazione di andare avanti con i concorsi è totale. La dirigenza della Asl ha bisogno di avere più interlocutori possibili, anche e soprattutto per quanto riguarda i responsabili dei reparti. Spesso per scherzo dico: con chi me la prendo? Però il concetto è chiaro».

Nel giorno del suo insediamento lei ha parlato di sanità territoriale, di telemedicina, di digitalizzazione. Il territorio è pronto recepire?
«La sanità deve essere una sanità di prossimità, ovvero vicina al cittadino, che non sempre ha bisogno dell'ospedale ma più spesso di cure, consulenze mediche o infermieristiche, prestazioni ambulatoriali in generale che possono essere erogate al di fuori degli ospedali: nelle case di comunità e negli ospedali di comunità ad esempio. Significa alleggerire il sistema sanitario, non ingolfare gli ospedali e lavorare in modo più veloce e sicuro. Anche la telemedicina può essere utile, infatti molte prestazioni possono svolgersi con l'uso dei computer e di qualsiasi altro dispositivo elettronico che lo consenta, senza far spostare il paziente e con uguale efficacia. Esistono tanti metodi già sperimentati, anche in uso in questa Azienda, che dovranno essere sempre più implementati. Il territorio, inteso come popolazione, è certamente pronto a recepire qualsiasi "comodità", come il non doversi spostare. L'importante che sia rispettata la qualità del servizio e che gli strumenti a disposizione siano facili da usare. Bisogna migliorare la comunicazione e formare le persone all'uso del digitale. Non è possibile che ancora si faccia la fila allo sportello per prenotare o pagare una prestazione quando c'è a disposizione lo strumento digitale che ci consente di farlo da casa. Troppe persone non lo sanno o pensano che sia difficile da usare. Il concetto deve essere quello di alleggerire il peso sugli ospedali e questo si può fare anche coinvolgendo in questo tipo di operazione i Comuni».

Quali sono le strategie e le indicazioni sul rapporto tra sanità pubblica e privata?
«Il privato convenzionato è come se fosse pubblico e deve essere integrato e complementare nell'offerta. Se questo è il principio di base, non ci saranno mai problemi».

La direzione della Asl di Frosinone è ambita ma allo stesso tempo difficile. Quanto tempo intende rimanere? Che rapporti intende avere con i sindacati?
«La funzione del sindacato è una funzione nobile e in quanto tale i sindacati, se parlano di diritti del lavoratore e di organizzazione, devono essere ascoltati. Non ho mai avuto problemi in questo senso, né mai ne avrò nei tre anni in cui starò a Frosinone».

Quali rapporti con l'assessore regionale alla sanità Alessio D'Amato?
«Ammiravo l'assessore D'Amato quando neanche lontanamente pensavo di essere chiamato nel Lazio. Per quello che ho potuto osservare da vicino, "è sempre sul pezzo", conosce la sanità e le dinamiche. Si rapporta con i direttori generali continuamente. Cosa potrei desiderare di più?».

Che tipo di rapporto intendi instaurare con i sindaci?
«Ho fatto il sindaco dal 1994 al 2003, so quanto si possa svolgere con passione il ruolo a difesa della cittadinanza che si rappresenta. E devo avere rispetto per le istanze del territorio, che sono sicuro saranno logiche e non campanilistiche, ma di interesse generale».

Atto aziendale già approvato: intende fare delle modifiche?
«Non al momento. Intanto attuiamo questo Atto aziendale e impegniamoci, nei limiti del possibile, a far partire quanto previsto. Le sfide che ci attendono sono tante e tutte importanti. Ne cito qualcuna: la cartella clinica elettronica, le attività di radiologia interventistica, l'implementazione delle vaccinazioni (non Covid), il recupero delle liste di attesa e la riqualificazione dell'offerta per arginare la migrazione sanitaria».

Come si fa a rendere più attrattiva la Asl di Frosinone, anche e soprattutto per convincere i professionisti a venire qui?
«Intanto parlandone bene all'esterno. Non si tratta di un'ovvietà: chi si sente parte di una squadra vincente deve essere il primo a esaltare l'Azienda. Negli ospedali ho trovato professionalità e capacità di primo livello. Oltre ad un sistema di accoglienza che mi ha colpito per l'alto tasso di umanità e per il rapporto diretto tra malato e personale. Un'accoglienza di qualità. Le racconto un episodio: sono entrato in un Pronto Soccorso quando ancora non mi era insediato come direttore generale. Non mi conoscevano. Sono stati gentilissimi e professionali. Per me è una cosa molto importante. In questa Azienda Sanitaria ci sono tante cose che funzionano benissimo. Inoltre siamo vicinissimi a Roma. Davvero, non c'è motivo per non venire a lavorare qui. Dobbiamo essere orgogliosi. E ribadisco: il sistema dell'accoglienza è in grado di fare la differenza. Per quello che mi riguarda, è necessario continuare a puntare sulla qualità».