Delitto Teoli, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso confermando, così, la condanna per Mario Teoli di 34 anni a 15 anni di reclusione per l'omicidio del padre Antonio. L'udienza in Cassazione - con trattazione scritta - c'era stata nei giorni scorsi. Ieri pomeriggio è stata comunicata la decisione: «inammissibilità totale del ricorso». A pesare e non poco nel delitto Teoli sembrerebbe essere stato proprio il contesto in cui la violenza è maturata: una vita difficile, che ha cominciato a sgretolarsi dopo la morte della moglie di Antonio, ex operaio Fca, ucciso a 68 anni. Pochi gesti di affetto, aveva ricostruito nella discussione di primo grado il difensore di Mario: «Una situazione di degrado, soprattutto affettivo».
Poi, in quella maledetta sera d'agosto di quattro anni fa, una violenza inspiegabile. Il giovane era stato subito arrestato con l'accusa di omicidio volontario aggravato, ma non ha mai ammesso di aver ucciso il padre. Ricordi confusi e concitati, uniti da una conclamata assunzione smodata di alcol. Nessun accoltellamento, nella ricostruzione di Mario: il trentenne avrebbe ricordato dal carcere (poi anche con un memorandum) di alcune bottiglie lanciate dal padre, di vecchie ruggini coi vicini, di questioni economiche. Poi l'apertura del processo con rito abbreviato condizionato alla perizia psichiatrica, che ha sottolineato come la sua volontà di intendere e volere fosse direttamente legata all'assunzione di alcolici. Ma non del tutto annullata.
Il pm Emanuele De Franco, con un'attenta requisitoria, in primo grado di anni ne aveva chiesti 14: pena l'ergastolo, diminuito in relazione alla scelta del rito (abbreviato) e alla seminfermità mentale del trentenne, dedito a un uso smodato di alcolici. Anche in quella sera d'estate di alcol ne era stato consumato senza misura: questo lo diranno pure le perizie e la ricostruzione degli inquirenti. Quindi la condanna a 15 anni in primo grado, confermata in appello. La conferma della pena era stata già chiesta dalla procura generale, come pure dall'avvocato di parte civile Emiliano Mignanelli (per il fratello maggiore di Mario). Proprio l'avvocato Mignanelli ha recentemente depositato le proprie conclusioni: cruciali per valutare la conferma della sentenza d'appello elementi come il rigetto della nuova perizia psichiatrica e la mancata concessione delle attenuanti generiche.
«Non vi sono dubbi in ordine alla piena responsabilità dell'imputato per le fattispecie di reato a lui ascritte né possono formularsi censure sulla legittimità e correttezza del le motivazioni svolte nelle pronunce di merito. Entrambi i provvedimenti di condanna hanno delineato in modo specifico tutte le circostanze fattuali valutandole poi sotto il profilo giuridico e rigettando ogni richiesta anche istruttoria (rinnovo della perizia), compresa quella di concessione delle attenuanti generiche» ha sottolineato Mignanelli. Il medico legale, sottolinea ancora la parte civile, ha riconosciuto l'imputa - to «capace processualmente e, seppur scemata la sua imputabilità al momento dei fatti, comunque non è mai stata ritenuta totalmente persa per cui legittimamente i giudici di merito hanno respinto l'istanza istruttoria». Per questo aveva chiesto che fosse ritenuto inammissibile il ricorso: richiesta accolta appieno dalla Cassazione. Condanna confermata. Disposto il pagamento delle spese.