Erano in soggiorno, nel loro appartamento di via Plebiscito. C'era anche un'amica, era passata a trovarli. Ad un certo punto hanno sentito le urla di una ragazza e poi passi per le scale, nel pianerottolo dello stabile nel cuore di Frosinone. Ma hanno scoperto solo il giorno dopo, quando è venuta fuori la drammatica vicenda, che quelle urla erano di Romina De Cesare, strangolata e pugnalata con diversi fendenti, nella notte tra il 2 e il 3 maggio scorso, dall'ex fidanzato Pietro Ialongo, 38 anni, accusato di omicidio volontario. Sono stati ascoltati per circa un'ora, ieri pomeriggio, i tre giovani cinesi, tra cui una coppia di fidanzati che da dicembre scorso vive nell'appartamento della palazzina dove è avvenuto l'omicidio di Romina, originaria di Cerro al Voturno, come Ialongo. L'avvocato Vincenzo Mercolino, che assiste Ialongo, ha presentato ricorso al tribunale del Riesame contro le misure restrittive adottate. Ieri l'udienza e il collegio si è riservato di decidere.

L'incidente probatorio
Con l'assistenza di un interprete, ieri si è cercato di capire se i vicini di casa avessero sentito qualcosa prima che succedesse la tragedia. Ma soprattutto se avessero captato qualcosa nei momenti in cui Ialongo, secondo quanto dallo stesso confessato, prima cercava di strangolare e poi accoltellava mortalmente Romina. I tre cinesi hanno riferito di aver sentito le urla di una voce femminile provenire dalle vicinanze dell'abitazione e poco dopo passi per le scale. Essendo una strada trafficata non hanno dato molto peso alla cosa, non si sono resi conto che provenissero proprio da uno degli appartamenti della stessa palazzina e soprattutto non immaginavano che ci sarebbe stato un epilogo così drammatico.

Quello di ieri è stato il terzo incidente probatorio dopo quelli che sono stati affidati,nel corso dell'udienza davanti al gip di Frosinone Antonello Bracaglia Morante e al pubblico ministero Barbara Trotta che coordina le indagini condotte dalla Mobile, guidata dal dirigente Flavio Genovesi. Nelle scorse settimane infatti, sono stati affidati l'incarico per ricostruire la scena del crimine e trovare tracce di Dna all'interno dell'appartamento di via del Plebiscito, dove è avvenuto l'omicidio,sugli abiti sequestrati e sull'auto di Romina, nonché quello di estrapolare i dati dei telefonini di Romina, di Pietro e anche di uno dei vicini di casa. Romina avrebbe compiuto 36 anni questo mese.

Era stata fidanzata con Ialongo per 12 anni ed avevano vissuto anche a Parigi. E proprio in Francia, secondo quanto dichiarato dallo stesso Ialongo nel primo interrogatorio è stata quella l'arma utilizzata per uccidere Romina dopo il tentativo di strangolamento. A dare l'allarme il 3 maggio scorso, il nuovo fidanzato di Romina. Non la sente da diverse ore, mentre Ialongo sosterrà di aver staccato i suoi telefonini già dal pomeriggio del giorno prima.Così la polizia fa irruzione nell'appartamento e fa la scoperta del cadavere della ragazza.

A trovare Ialongo, che racconterà nel primo interrogatorio (nel secondo si è avvalso della facoltà di non rispondere) di aver cercato di uccidersi dopo il delitto sono i carabinieri di Sabaudia dopo alcune segnalazioni dei passanti. A quel punto per Ialongo è scattato il fermo poi convalidato con la conferma del carcere. Subito dopo la scoperta del cadavere di Romina, è partita l'indagine condotta dalla squadra mobile di Frosinone. Sul luogo dell'omicidio era arrivata poi anche la polizia scientifica di Roma peri rilievi nell'appartamento. Sul posto anche il procuratore Antonio Guerriero con il sostituto Barbara Trotta, titolare dell'indagine, il questore Domenico Condello e il dirigente della squadra mobile Flavio Genovesi. Nel frattempo, i carabinieri che avevano fermato in stato confusionale Ialongo, il quale dichiarava di aver tentato di uccidersi più volte quella notte, eseguivano la misura a carico dell'uomo.

Sottoposto la notte stessa a un lungo interrogatorio, davanti ai pm di Latina e Frosinone, Ialongo ha confessato il delitto. Nella ricostruzione del fatto davanti ai pm di Frosinone e Latina, Barbara Trotta e Claudio De Lazzaro, che lo hanno sentito la prima volta, fino alle quattro del mattino, Ialongo ha dichiarato: «L'ho uccisa con le mani ed alla fine con il coltello che mi aveva regalato a Parigi». Poi aveva aggiunto: «L'ho colpita credo quattro volte all'addome... quando stava a terra». La famiglia De Cesare è rappresentata dall'avvocato Danilo Leva, mentre Pietro Ialongo si è affidato per la difesa all'avvocato Vincenzo Mercolino.