La salute attraverso l'alimentazione. Questa la mission della dottoressa Cristina Guerriero, biologa nutrizionista e ricercatrice, con sette pubblicazioni scientifiche all'attivo. Si occupa di consulenza nutrizionale in diversi centri del Lazio e dal prossimo 30 maggio sarà presente nella casa di cura INI Città Bianca di Veroli. Un percorso accademico tutto improntato su alimentazione e nutrizione, dalla laurea triennale alla laurea magistrale in Scienze della Nutrizione Umana, a un master in Nutrizione e cosmesi, fino al dottorato di ricerca, iniziato a marzo di quest'anno. Una vocazione, la sua, più che un mestiere. «Ho sempre voluto fare questo, anche quando la professione non era molto diffusa. Oggi – spiega – siamo in tanti a svolgere questo lavoro, ma quando ho avuto accesso a Scienze dell'Alimentazione e della Nutrizione Umana al Campus Bio-Medico, il mio corso di laurea era attivo da soli due anni e non c'era in altri atenei».
Alimentazione sana e qualità della vita in che misura sono connesse?
«Io impronto il mio percorso ospedaliero e universitario su un approccio un po' diverso rispetto al nutrizionista classico. Non pongo come obiettivo il semplice dimagrimento, legato all'aspetto meramente estetico, ma guardo soprattutto alla salute. Il mio è un tipo di approccio che credo derivi soprattutto dal percorso formativo in ospedale. È importante, in quest'ottica, leggere attentamente le analisi e studiare il caso clinico. Il dimagrimento in sé, quindi, non è l'obiettivo principe. Cerco di far capire al paziente quanto sia importante uno stile di vita sano. Prima la salute, poi tutto il resto. E penso che al giorno d'oggi l'alimentazione sia la prima chiave per poter stare bene».
Perché è importante rivolgersi a uno specialista della nutrizione? E quali rischi si corrono con le diete "fai da te"?
«Noi siamo importanti perché sappiamo come intervenire sul paziente e soprattutto, se siamo bravi, lo indirizziamo in un percorso che è unico ed è per tutta la vita. Io penso che il nutrizionista bravo sia quello che riesce a cambiare lo stile di vita del paziente. In merito alle diete "fai da te" bisognerebbe considerare che ognuno fa il proprio mestiere. Al giorno d'oggi, purtroppo, molte persone preferiscono spendere soldi per fare tutto, tranne che per prendersi cura della propria salute. Questo è il problema principale. Quella dal nutrizionista dovrebbe essere una visita "obbligatoria" per tutti».
Quanto conta in questo senso l'educazione alimentare?
«Sto tenendo proprio in questo periodo delle lezioni di educazione alimentare nelle scuole di Isola del Liri. Anche parlando con i bambini è emerso il tema che abbiamo appena affrontato: la visita nutrizionistica è una visita che tutti dovrebbero fare, nessuno escluso, sia le persone che hanno abitudini alimentari corrette sia chi non sa come prendere in mano la propria situazione. Io dico sempre che per i miei pazienti ci sono sempre, rispondo anche di notte. Forse do un po' troppa disponibilità, ma penso che sia importante. È un percorso che faccio insieme al paziente, che non è solo. Nei piani alimentari, poi, inserisco sempre tante schede di educazione alimentare. Anche la persona più informata ha bisogno di leggerle perché contengono indicazioni che dovrebbero essere sempre date».
Chi si rivolge a lei? E qual è l'età media dei suoi pazienti?
«In questo momento seguo circa duecento persone. Tra i miei pazienti ho tante ragazze dai venticinque ai trent'anni, molte donne tra i cinquanta e i sessant'anni, ma seguo un po' tutti, ragazzi, uomini e anche alcuni bambini. La fascia di età prevalente, però, è tra i quaranta e i settant'anni».
Soprattutto donne, quindi?
«Sì, ho anche pazienti uomini, ma le donne sono sempre di più. I motivi sono molti, ma secondo me influisce anche una maggiore tendenza delle donne rispetto agli uomini di prendersi cura di sé, sia dal punto di vista estetico che da quello della salute».
Ha o ha avuto pazienti con disturbi del comportamento alimentare?
«Mi è capitato di seguire una ragazza, che però non si era resa conto di soffrire di un disturbo di questo tipo. Abbiamo studiato un piano adatto a lei e l'abbiamo gestita bene. L'approccio in questi casi deve essere particolarmente delicato. Il primo passo è invitare il paziente a un supporto psicologico, qualora non ci fosse, per poi affidarlo alle cure di un'equipe specializzata».