Ponte romano "scomparso", la guardia resta alta. Storici, cittadini e appassionati tornano alla carica affinché i riflettori sulla sorte dell'antico ponte divorato dalla vegetazione non vengano spenti. Davvero molti gli appelli lanciati negli ultimi mesi, oltra a una petizione on-line con l'adesione dei cittadini che hanno subito dimostrato interesse a contribuire a "salvare" l'antico ponte.
Tutti gli argini del rio Fontana e la parte superiore dell'arcata del ponte erano già stati liberati dai canneti e dal cumulo di rovi che lo avvolgevano e lo nascondevano, aveva spiegato il ricercatore storico santeliano Benedetto Di Mambro. Che per primo, sostenuto da alcuni cittadini e appassionati, aveva lanciato l'allarme del drammatico stato di abbandono del manufatto archeologico.
«Abbiamo così potuto individuare la strada romana che scavalca il ponte e che poi si dirigeva verso le alture di Colle Palumbo per raggiungere il pagus di Vallis Luci.
Il ponte è lungo sei metri e largo quattro e risale ala II secolo dopo Cristo» aveva spiegato Di Mambro. Che adesso torna alla carica: «Il 5 marzo cominciammo, con estrema cautela, a disboscare e a riportare alla luce l'antico ponte romano. Il disinteresse di chi di dovere fu estremamente assordante.
Eravamo già giunti a buon punto con l'incoraggiamento e con il contributo di molti cittadini santeliani quando il 29 marzo ci giunse notizia di bloccare i lavori. La motivazione era che forse stavamo portando danno al manufatto e che era meglio lasciarlo sepolto da rovi e da canneti perché si sarebbe conservato meglio.
Dopo studi classici liceali e universitari sono più di trenta anni che studio e opero sulla ricerca e il recupero di antiche vestigia del territorio santeliano. Nonostante le tante attestazioni di stima e di incoraggiamento, i lavori sono fermi e il ponte è in abbandono».