«Willy è morto per la follia lucida degli odierni imputati, per la follia del branco». Sono le ultime parole pronunciate nel suo intervento dal pubblico ministero Francesco Brando. Ieri davanti alla Corte d'assise di Frosinone (presidente Mancini, a latere Doglietto) per sette ore sono state formulate le conclusioni dell'accusa e delle parti civili nel processo per l'omicidio del ventunenne aiuto cuoco di Paliano Willy Monteiro Duarte, il 6 settembre 2020 a Colleferro.
Durissime le richieste formulate dal pm Giovanni Taglialatela (la procura di Velletri ha diviso in due la requisitoria): ergastolo per i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, 24 anni per Francesco Belleggia e Mario Pincarelli con il riconoscimento delle attenuanti generiche equivalente all'aggravante dei futili motivi, mentre per tutti, che sono di Artena, è caduta l'altra aggravante dei motivi abietti.
Il pm Francesco Brando e Giovanni Taglialatela rappresenta «un'aggressione selvaggia di violenza inaudita posta in essere da quattro persone contro un ragazzino in una cinquantina di secondi». Spiega il modo in cui ha proceduto la procura per valorizzare o scartare i testi, tenendo conto pure dei falsi ricordi. Il pm punta l'indice contro i fratelli Bianchi: «sono conosciuti come picchiatori, soggetti che creavano risse. Sono fatti. Soggetti che i coetanei conoscevano e conosciuti anche dalle forze dell'ordine. Basti vedere i reati per i quali sono stati arrestati, processati e per alcuni condannati nella fase di merito. Suggerisco - e si rivolge alla corte -di andarvi a leggere i capi d'imputazione».
Il pm si sofferma sulle tracce ematiche sui vestiti e sulle scarpe degli imputati e delle tracce di Dna dell'amico di Willy (Samuele Cenciarelli) sulla scarpa di Belleggia. Ricorda l'antefatto: «Belleggia a freddo colpisce Zurma e lo fa cadere dalle scale». Di Pincarelli evidenzia che quella sera è «particolarmente violento. È un atteggiamento proprio di tutti gli imputati». Rileva la discussione animata in piazza che non sfocia in violenza e la telefonata per richiedere l'aiuto ai Bianchi, in quel momento appartatisi al cimitero di Colleferro.
Parla «di un ragazzino all'inizio della sua vita. È naturale che vede l'amico aggredito e chiede che sta succedendo. Appena capisce che e tutta è finito si gira per andare via». Quindi l'arrivo dei Bianchi, «annunciato», secondo la procura. Brando cita Vittorio Tondinelli, amico dei Bianchi: «dice vedo partire tutto da un calcio, credo di Gabriele ma potrei sbagliare. E dice "Pincarelli e Belleggia erano attivi ma non posso indicare chi colpivano. Vedo Belleggia tirare un calcio, come stesse tirando un calcio di rigore, alla testa del ragazzo a terra».
Poi il pm cita l'episodio del "processo" a Belleggia nell'auto mentre dopo l'aggressione ritornano ad Artena: «All'interno dell'auto sono consapevoli che qualcosa di grave è successo, che la situazione è trascesa». Secondo il pm «Willy è colpito da entrambi i Bianchi finché non cade poi Belleggia lo colpisce con un calcio alla testa. Ma Tondinelli non dice che fa Picarelli». Per l'accusa è «un'aggressione che degenera per volontà dei fratelli Bianchi che dopo il primo calcio al petto si va a connotare come un'azione unitaria». Su Pincarelli sostiene che «è Sahbani che lo accusa. È l'amico dei Bianchi e non ha intenti calunniatori sugli altri. Non è un caso che venga considerati dagli odierni imputati come un infame».
Sul calcio di Gabriele Bianchi cita diversi testimoni e un particolare: «un calcio sferrato dandosi la spinta, in modo professionale, devastante e quando Willy si alza è colpito ancora». Quindi, sulla base di altri testi, apre alla possibilità che i calci a Willy possano essere due. Brando insiste: «Gabriele, è lui che ce lo dice. Lui dice di aver dato un calcio al petto a Cenciarelli. È una descrizione precisa, sbaglia solo il soggetto passivo. Lui dice "tutti vogliono mettere la firma sulla mia condanna è un accanimento mediatico", ma Gabriele non sa distinguere Willy e Cenciarelli.
È un tentativo di fermare l'oceano con le mani. Marco dice "ho colpito Willy ma solo al fianco". E anche qua non sa descrivere Willy. È un'aggressione a casaccio nemmeno loro si sono resi conto di chi hanno colpito. Poteva morire anche Cenciarelli quella sera». Il pm aggiunge che «50 secondi in quella situazione è un'eternità. È una sofferenza inaudita. Tutto parte da un colpo a tradimento. Da questo momento l'azione dei Bianchi, di Pincarelli e Belleggia è sinergica: procedono uniti come una falange. È un'azione di gruppo. È il branco. Pincarelli e Belleggia erano reverenti ai fratelli Bianchi, vogliamo veramente credere che non hanno fatto niente? Abbiamo due colpi finali uno inferto da Belleggia - e abbiamo le dichiarazioni di Tondinelli - e di Pincarelli. Sahbani e Cerquozzi ci dicono dei colpi ma non dicono la stessa cosa di Tondinelli. Abbiamo testimoni oculari che accusano Belleggia. Belleggia scappa con i Bianchi.
Altro fotogramma: Pincarelli che colpisce Willy quando era a terra». Aggiunge: «Peggiore teste contro Pincarelli è Pincarelli stesso». Cita un'intercettazione in carcere con il padre e gli interrogatori. Ancora su Belleggia: «il lupo che diventa agnellino con l'arrivo dei Bianchi non sta né in cielo né in terra». Il pm smonta la versione di Pincarelli di essere caduto addosso a Willy, di avergli dato solo «due pizze». Si sofferma sulle accuse reciproche che si fanno gli imputati: «vanno in contraddizione e forniscono dichiarazioni che non reggono».
A seguire l'altro pm Giovanni Taglialatela che spazia dagli aspetti dell'autopsia alle lesioni: «Il corpo parla da solo. Non c'è traccia che Willy si sia difeso». Insiste: «C'è una divisione in due fasi: due soggetti che si muovono come un cuneo e colpiscono in sincronia. L'immagine mitologica dell'Idra. Se compiono un'unica azione è un'unica volontà». Taglialatela parla del "processo"a Belleggiainauto persmontare l'idea che siauna cosa costruita: «Cerquozzi e Sahbani sono così raffinati da predeterminare la cosa sul momento? Non lo vedo».
Per il pm Willy poteva essere salvato dopo i primi colpi. A patto di intervenire subito, ma non «se innesco una condotta antagonista al soccorso che è astrattamente idonea a produrre la morte. È come mettere la nitroglicerina in un deposito di carburante». Illustra il cambio di strategia della procura, da omicidio preterintenzionale a volontario. «Che la situazione può portare alla morte è ben chiaro». E accusa Belleggia e Pincarelli: «Hanno aderito a un reato la cui determinazione in itinere era già chiara». A quel punto si rivolge alla mamma di Willy, apparsa molto provata: «Alla domanda perché hanno ucciso diciamo che non c'e risposta. Willy era al posto sbagliato nel momento sbagliato». Quindi il pm mostra foto dal cellulare di Pincarelli per dimostrare che i quattro si conoscevano e si frequentavano. Per aggiungere che «sono saliti su una macchina in corsa che poteva essere fermata, non lo hanno fatto».
Distingue le personalità, ricorda il contributo offerto all'inizio in fase d'indagine da Belleggia, l'unico ad aver ottenuto i domiciliari: «Che speranza ha di cavarsela? Gioca d'anticipo, inutile nascondere la mano. Sa che gli investigatori sono in cerca di conferme e gliele offre». Il pm si rivolge agli imputati, cita Dostoevskij e "Delitto e castigo": «La pena deve contenere una speranza. Che non è solo quella del fine pena ma riguarda loro stessi, che richiede un cambiamento». Infine, prima di concludere, il pm chiede alla Corte la trasmissione degli atti in procura per due testimoni reticenti. A fine udienza poche parole per la madre di Willy: «Voglio solo giustizia per mio figlio. Non so se la richiesta delle pene sia giusta o meno. Non ho competenze. Decideranno i giudici».