«Ho solo eseguito un ordine. Noi volevamo fare la miglior registrazione possibile. Il pm Perna voleva che incontrassi Tuzi per farlo parlare sulla circostanza di una ragazza vista in caserma il 1° giugno. E così ho fatto». Il luogotenente Vincenzo Quatrale, a processo per l'omicidio di Serena Mollicone e per istigazione morale al suicidio di Santino Tuzi, riprende da dove l'interrogatorio si era interrotto. E parla per altre sei ore e più. Tanto che l'escussione di Marco Mottola viene fatta slittare a mercoledì. La decisione viene presa, però, solo nel tardo pomeriggio: Marco resta in attesa. Così come le difese, i cronisti, le parti civili. In aula c'è pure Carmine Belli. Quatrale non ha dubbi: quella mattina non videro una ragazza né tantomeno Serena. Né sentì un tonfo nella caserma.

Spiega i movimenti, gli orari, le tappe dei controlli: alle 11, ribadisce in aula orario in cui Serena trova la morte aggredita in caserma, per l'accusa era fuori con Tuzi.
Torna sugli ordini di servizio ritenuti dalla procura falsi e fa rilevare alla Corte che a suo avviso neppure le firme attribuite a Tuzi sarebbero tutte del brigadiere. Spiega ancora le modalità con cui venivano compilati i fogli di marcia dopo un pieno di benzina e palesa i suoi subbi.
Ma non su quella mattina del 1° giugno: «Quella mattina siamo rientrati alle 11.50 in caserma dopo i primi servizi e siamo riusciti intorno alle 12.10, 12.15.
Tuzi non poteva aver visto una ragazza quando siamo rientrati. C'ero pure io» afferma Quatrale, rispondendo alle domande perentorie del pm Siravo. Smonta la ricostruzione degli orari, così come aveva fatto nella scorsa udienza con la falsità degli ordini di servizio.

«Dopo le 11 del mattino siamo usciti e siamo andati da Cacciarella per poi far ritorno tra le 11.50 e le 12.10 circa in caserma. Sono entrato nell'ufficio del piantone e tra questo e la sala d'attesa c'era una vetrata: in questi minuti non è entrata nessuna ragazza. Quindi siamo riusciti dopo che Mottola è sceso» continua. Poi sottolinea di non aver sentito rumori strani dagli alloggi.
Né tonfi né urla. Ma sia la pubblica accusa che le difese incalzano, in particolare l'avvocato Castellucci per la famiglia Tuzi e Salera per quella Mollicone. «Le fasce orarie ricostruite dall'imputato sono state "allarga te"» afferma poi a margine dell'udienza l'avvocato di parte civile Nardoni. Davvero molte e forti le contestazioni.
«Coi Mottola? Nessun rapporto: l'ultima volta li ho visti nel 2002. Poi dopo 18 anni, alla prima udienza gup.
Nessuno mi chiese mai di mentire o di non dire ciò che sapevo» ribadisce Quatrale.

La microspia e le contestazioni
«La microspia venne messa nella plafoniera della vettura. Funzionava tutto, allora mi dissero che dovevo chiamare Tuzi. Ho solo eseguito un ordine. Sperati e un maresciallo mi diedero un secondo microfono per essere sicuri che andasse in porto. La registrazione ufficiale era quella con l'ambientale; la seconda non era ufficiale, quella sulla musicassetta. Volevamo fare la migliore registrazione possibile» continua Quatrale, incalzato dal pm Siravo soprattutto sulle modalità di esecuzione di un'intercettazione ambientale.
Ma anche sul contenuto. Perché non far "cadere" Tuzi? Perché parlare di se stesso? «Se voleva far parlare Tuzi, doveva porre le domande diversamente» attacca il pm, che con la dottoressa Fusco non arretrano di un passo. «Se Tuzi nell'ambientale dice "no", come avrei dovuto fare a insistere? Se non me lo confermava, come facevo a fare ulteriori domande?» risponde secco il luogotenente. Che aggiunge: «La musicassetta è scomparsa...Magari ci fosse ancora! Così potremmo sentire quel minuto e 23 secondi in cui parliamo io e Tuzi. Sperati ascoltava in diretta e ci vedeva. Il pm Perna aveva ascoltato la conversazione e l'ha riportata anche nella richiesta di archiviazione del 2009».

E sull'istigazione al suicidio? «Tuzi l'ho visto dopo quattro anni. Riguardando tutti gli atti ho trovato che la mattina del suicidio, più precisamente tre ore prima, Tuzi manda dei messaggi: chatta con una donna. Non so perché abbia deciso di suicidarsi». Un dettaglio che elimina, semmai ce ne fosse stato bisogno, l'ipotesi del suicidio per una delusione amorosa. Tuzi sa di essere intercettato, tanto che compra una nuova scheda e la usa solo un giorno. «Non avrei potuto capire dal colloquio che abbiamo avuto dopo quattro anni come stava Tuzi, l'ho visto poco lucido. Ma non potevo sapere come stava. L'ho visto stralunato» aggiunge Quatrale.