Otto rapine, tra uffici postali e banche. Compiute da una stessa banda. Ieri, a distanza di 12 anni da quei fatti, la procura di Frosinone ha chiesto tre condanne e un'assoluzione. Davanti al collegio presieduto dal giudice Marta Tamburro, il pubblico ministero Vittorio Misiti ha chiesto la condanna in continuazione con un'altra, per fatti analoghi e già definitiva, a quattro anni e mezzo (con pena complessiva di dieci anni e dieci mesi in continuazione con la precedente condanna) per Antonio Verdicchio, 62 anni di Frosinone, a quattro anni e mezzo per Gianni Pizzutelli, 47 di Frosinone, (pena complessiva nove anni e due mesi con la continuazione) e a quattro mesi per Cosimo Buono, 52 di Arpino, (pena complessiva con la continuazione a tre anni). Il pm ha poi chiesto l'assoluzione per il quarto imputato Pasquale Cimonte, 51 di Ceccano.

Il pm ha ritenuto provata l'accusa - sostenuta grazie all'attività investigativa condotta dai carabinieri del Nucleo radiomobile e dai poliziotti della squadra mobile di Frosinone - per il reato di associazione a delinquere e per le otto rapine contestate che sono: alle Poste di Ferentino il 9 febbraio e il 27 settembre 2010, di Collepardo il 15 maggio, di Pontecorvo il 3 giugno, di Colli a Monte San Giovanni Campano il 3 agosto, nonché alle filiali Unicredit di Frosinone e Paliano il 4 e 5 agosto del 2010 e della San Paolo di Ferentino del 19 luglio.

I colpi avrebbero fruttato, complessivamente, settantamila euro, di cui trentamila solo dalla rapina di Colli. Non sussistono gli estremi per una condanna, invece, in ordine ai furti di autovetture, in prevalenza Fiat Uno bianche, per i quali la procura ha chiesto l'assoluzione per tutti e quattro gli imputati. Le due inchieste, che si sono concentrate su una serie di rapine avvenute nel basso Lazio nel 2010, si sono basate sulle dichiarazioni rese da due compartecipi, nel primo processo (per tre rapine a Veroli, Arnara e Borgo Vodice con l'utilizzo di una motosega a scoppio) quelle del lituano Ramundas Politovas e in quello discusso ieri (per le rimanenti otto) di Cosimo Buono.

Il pm Misiti, nelle conclusioni, ha evidenziato «un unico disegno criminoso volto in generale al conseguimento di un ingiusto profitto» puntando l'indice su «un organismo specificamente preordinato all'esecuzione di una pluralità indeterminata di crimini, e in cui ciascun sodale consapevolmente apportava il proprio contributo causale».

L'accusa, in sostanza, si è concentrata su «rapine seriali ai danni di uffici postali e istituti di credito, il cui fine dell'ingiusto profitto per sé viene comunque perseguito e procurato ricorrendo ad identità di mezzi e di modalità di esecuzione, in specie la sottrazione e l'impossessamento mediante scasso di autoveicoli Fiat Uno... presso parcheggi di stazioni ferroviarie del basso Lazio, impiegati per eseguire poi le rapine, nonché l'utilizzo di armi, quali pistole, bastoni e taglierini nella commissione delle rapine stesse».

A conforto della procura ci sarebbero le immagini acquisiti dalla videosorveglianza degli istituti bancari e postali assaltati. La procura ha insistito sulla «riscontrata esistenza di rapporti personali fra i coimputati» e su un «vincolo di affiliazione che veniva rilevato nel corso del presente procedimento» ritenuto «stabile e destinato comunque a perpetrarsi nel tempo, anche successivamente alla commissione dei singoli delitti».

In più il pm ha evidenziato che «le dichiarazioni accusatorie del coimputato Buono venivano sistematicamente ricostruite dalla polizia giudiziaria ai fini di una corretta valutazione dei nuovi elementi acquisiti». A seguire è intervenuta la parte civile costituita per le Poste, avvocato Livio Esposito, che ha chiesto il risarcimento dei danni. A luglio, invece, è stata differita la discussione delle difese rappresentate dagli avvocati Calogero e Antonino Nobile, Armando Pagliei, Tony Ceccarelli e Carla Parmeggiani.