Per sbloccare la pratica del servizio funebre bisognava pagare il caffè. È quello che ipotizza la procura di Frosinone nell'indagine che ha portato agli arresti domiciliari due tecnici necrofori di Frosinone e Ceccano, P.C., 62 anni, F.S., 63, e un'assistente necrofora del capoluogo, P.M., 59, tutti in servizio alla Asl di Frosinone. Il "caffè", secondo quanto ricostruito dalla sezione operativa del Nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Frosinone, era quello che i tre arrestati avrebbero preteso alle agenzie di pompe funebri sotto forma di regalie, dai 20 ai 50 euro a pratica fino a salire a 100 euro in alcuni casi. Da qui peri tre, considerati incaricati di un pubblico servizio, la contestazione di concussione continuata in concorso.

L'operazione, coordinata dal procuratore Antonio Guerriero, è scattata ieri mattina con l'esecuzione delle misure emesse dal gip del tribunale di Frosinone e con le perquisizioni nelle rispettive abitazioni dei tre, come pure nella camera mortuaria, negli uffici attigui e negli armadietti in uso ai sospettati. Nulla di compromettente però è stato rinvenuto. Orale indagini si concentreranno sui conti correnti per ricostruire i flussi bancari. Secondo l'ipotesi investigativa, il sistema escogitato in danno delle agenzie funerarie andava avanti da 20 anni. E considerato che i carabinieri, guidati dal colonnello Alfonso Pannone e dal capitano Luca D'alessandro, stimano tra i 1.000 e i 1.200 decessi l'anno all'ospedale di Frosinone il business parrebbe particolarmente lucroso con qualche agenzia costretta a versare in tutto il periodo anche 100.000 euro.

L'operazione nasce nel dicembre del 2019 e va avanti per oltre un anno. A dare il là alle indagine il titolare di un'agenzia stanco di continuare a versare regali agli operatori della camera mortuaria in cambio del loro "imposto" aiuto nella gestione della salma. Secondo le accuse, in qualche caso sarebbe stata indicata in parenti dell'estinto un'agenzia piuttosto che un'altra, mentre laddove la scelta era libera, la ditta prescelta era lo steso obbligata a versare il "caffè". In pratica i titolari delle agenzie per il timore che venissero attuati espedienti per rallentare lo svolgimento del servizio funebre erano costretti a pagare quello che nell'ambiente era chiamato, appunto, il caffè.

Partite le indagini anche altri titolari di attività del settore hanno ammesso di aver pagato. Le indagini sono così andate avanti con l'ausilio delle intercettazioni. Ma non tutti gli addetti alla camera mortuaria sono coinvolti è stato evidenziato c'è chi nelle intercettazioni ha rifiutato il denaro, sostenendo che bastava lo stipendio pagato dalla Asl. Venerdì gli interrogatori di garanzia dei tre, assistiti dagli avvocati Tony Ceccarelli, Filippo Misserville e Alfredo Magliocca.