Nessun ordine di servizio contraffatto, ma un errore di valutazione: quello di aver lasciato a Santino Tuzi il compito di completare la redazione dell'atto. E di non aver controllato. Il luogotenente Vincenzo Quatrale - imputato insieme all'ex maresciallo Mottola, al figlio Marco e alla mamma Anna Maria; e al militare Francesco Suprano - nel processo aperto dopo la morte di Serena Mollicone è un fiume in piena.
È il primo ad aver prestato il consenso: solitamente taciturno e molto schivo, cappellino calato sul volto e lontano dai riflettori, decide di spiegare. Si siede, tira fuori le carte e risponde in modo tagliente, a tratti brusco. La sua posizione, forse quella più delicata: proprio al luogotenente Quatrale viene chiesto conto anche dell'istigazione morale al suicidio di Santino Tuzi. Ma Quatrale non è l'unico degli imputati ad aver dato il proprio consenso a testimoniare: dopo una richiesta ben precisa da parte delle difese, anche i Mottola hanno reso noto solo ieri la loro decisione. Parleranno. E nella prossima udienza, finito l'interrogatorio di Quatrale, il primo sarà proprio Marco Mattola.
Ordini di servizio sotto la lente
Cruciali nella deposizione di Vincenzo Quatrale - che terminerà l'esame venerdì prossimo - gli ordini di servizio. Quelli ritenuti dalla procura falsi: nell'alterazione dell'ordine in cui vengono riportate tutte le attività fatte durante il turno, per la procura, la prova del coinvolgimento. Proprio da qui Quatrale, assistito dagli avvocati Francesco Candido e Paolo D'Arpino, parte. Ricostruisce quella mattina del 1° giugno; i servizi svolti con Tuzi e quelli non fatti. «Cinque orari sono stati scritti da me a differenza di quello che dice il perito - afferma - L'ordine sequenziale è in base a quanto disposto dal servizio». E parte dall'inizio. Spiega del loro rientro in caserma perché l'ex maresciallo Mottola era alla festa dell'Arma, della presenza fuori della donna delle pulizie.
«Io ero il capo pattuglia. Quel giorno guidava Tuzi, la scelta di far guidare il più basso in grado non era una regola perentoria. Tuzi guidava, gli orari sono stati annotati durante i controlli. Io compilo fino a un certo punto. Poi aggiunge lui. Ma mette orari a caso: faceva gli ordini di servizio con superficialità. Fino alle 7.50 è tutto preciso - afferma - Ho sbagliato a lasciare gli ordini di servizio in mano a lui: li aggiungeva dopo. E io per leggerezza non ho controllato. Gli orari non corrispondono perché Tuzi era superficiale».
Poi aggiunge: «Tuzi quando è andato a firmare ha capito che aveva sbagliato e scrive sopra. Se avessi voluto fare un ordine di servizio per nascondere qualcosa non l'avrei fatto certamente così, glielo assicuro» continua rivolgendosi al pm, in un clima teso. «Il mio errore e solo quello di aver lasciato l'ordine di servizio in mano a lui. E questo è sanzionabile con un rimprovero o un richiamo, non altro». L'ordine di servizio in questione lo riprende tra le mani dopo sette anni. Forti le contestazioni del pm Beatrice Siravo che punta il dito su alcuni dettagli mai emersi prima. Su delle anomalie nella ricostruzione.
Quatrale spiega ancora, fa riferimento ai 35 ordini di servizio oggetto dell'analisi dell'accusa per spiegare come venivano redatti e tutti gli elementi chiave, comprese le consuetudini nella stesura. «Se io quella mattina non fossi uscito dalla caserma come avrei potuto apprendere e dove targhe delle auto, i nomi e i dati che invece avevo?» puntella Quatrale. E sui rapporti con Tuzi aggiunge: «Eravamo colleghi. Lui mi stimava professionalmente. Ci incontravamo ad Arce, ma non ci siamo mai frequentati. Lui era il mio vice e quando andavo in ferie toccava a lui comandare. Non eravamo amici». Sul perché abbia accettato di prender parte alla intercettazione ambientale in auto con Tuzi spiega: «Mi fu ordinato dalla dottoressa Perna di andare a sentire Tuzi per essere intercettato. Quando muore non lo vedevo da quattro anni».
E aggiunge di aver riflettuto molto sulla richiesta dell'intercettazione in cui poteva esserci una "messa alla prova" degli inquirenti nei suoi confronti. Sottraendosi, avrebbe potuto lasciare spazio magari a dubbi sulla sua persona. «Tuzi non mi disse mai di aver visto quel giorno Serena in caserma» aggiunge. Maria, la figlia del brigadiere a margine contesta: «Mio padre non era superficiale. Rifletterei sulle accuse che gli sono state fatte. Perché non si può certo dire che mio padre quella sera sia tornato in caserma per modificare l'ordine di servizio; c'è bisogno di prove e non di supposizioni. La strada più comoda e quella di accusare mio padre che non può più difendersi. Lui era brigadiere e aveva due superiori ma non ha avuto nessun richiamo né scritto né verbale».
I Mottola parleranno
Al termine dell'udienza i pm Carmen Maria Fusco e Beatrice Siravo hanno sciolto la riserva. Le difese dei Mottola avevano infatti espresso il consenso affinché i loro assistiti fossero ascoltati ma solo se ad iniziare l'esame fosse la difesa e non l'accusa: una modalità irrituale. E a fine udienza la riserva è stata sciolta. Si parte con Marco. «I Mottola si sono sempre detti innocenti in relazione all'omicidio di Serena e non hanno motivo, anche in questa sede, di non voler affermare la loro totale estraneità ai fatti contestati. Questa sarà un'occasione per chiarire anche alcune importanti circostanze» ha aggiunto l'avvocato Mauro Marsella del pool difensivo dei Mottola.