Frode processuale. È pesante l'accusa che il sostituto procuratore del tribunale di Cassino Alfredo Mattei ha formulato nei confronti del sindaco Luigi Rossi e dell'ex dirigente dell'ufficio tecnico del Comune Marcello Cristini chiudendo le indagini della seconda tranche dell'inchiesta sui loculi cimiteriali. In sostanza il pm accusa il primo cittadino di aver cercato di fuorviare le indagini sulla vicenda che ha già condotto agli arresti domiciliari Cristini. Nel primo filone, il funzionario comunale è accusato di peculato e induzione indebita per essersi fatto consegnare dai cittadini somme di denaro per la concessione di loculi, alcuni di questi mai consegnati, attestando falsamente che i soldi erano dovuti per saldare le imposte.
Tutto è partito dalla segnalazione di alcuni residenti all'associazione "Pensare democratico" che ha raccolto le istanze delle presunte parti offese (rappresentate dagli avvocati Beniamino Di Bona, Marcello Panzini, Ilaria Cacace ed Emilio Roncone). Secondo l'accusa Cristini, a capo del servizio cimiteriale di Villa Latina tra il 2014 e il 2019, in qualità di pubblico ufficiale avrebbe ricevuto somme di denaro superiori al dovuto per la registrazione o la regolarizzazione del contratto di concessione dei loculi, destinando al pagamento delle imposte di registro solo una parte dei soldi ricevuti.
Per questo era stato interdetto dal suo ruolo per un anno, nel novembre scorso era tornato in ufficio, ma poi a gennaio per lui erano scattati gli arresti domiciliari. Ascoltato dal magistrato proprio in merito alla vicenda Cristini, il sindaco Rossi avrebbe dichiarato di essere l'unico custode delle chiavi della cassaforte del Comune dove sarebbero stati riposti i soldi incassati per i loculi, una versione a discolpa di Cristini (accusato invece di essersene impossessato) che non ha convinto il pm. Le successive indagini affidate alla guardia di finanza avrebbero infatti accertato che le banconote presenti nella cassaforte sono state prodotte dalla Zecca dello Stato successivamente all'avvio della prima inchiesta. L'ipotesi è quindi che il denaro rinvenuto nella cassaforte e sequestrato dalla Procura cassinate sia stato posto lì in un secondo momento, proprio per fuorviare le indagini su Cristini. Da qui la richiesta di rinvio a giudizio per entrambi.