Che sarebbe diventato anche un caso politico, si era capito da subito. Ma con il passare del tempo, il caso Catalent si sta trasformando in un'arena, in un "tutti contro tutti". Tra accuse reciproche, rimpalli di responsabilità e richiesta di tavoli. Dopo quello della Regione Lazio, che dovrebbe allargarsi ai ministeri della transizione ecologica e delle attività produttive, con l'obiettivo di snellire le procedure autorizzative per le aziende ed evitare che, come fatto dalla multinazionale statunitense, altre aziende migrino all'estero, a chiedere un tavolo è il presidente del gruppo consiliare della Lega e presidente della commissione ambiente della Provincia di Frosinone, Gianluca Quadrini.
Per la precisione un tavolo tecnico permanente di crisi. Dice Quadrini: «Prendere atto che lo stabilimento di Anagni perde un investimento di cento milioni di dollari e di conseguenza centinaia di posti di lavoro è il fallimento della politica di questo territorio. L' azienda, da anni, è in attesa di risposte e a causa delle inefficienze della burocrazia della Regione Lazio e si è trovata costretta a rinunciare ad un investimento che avrebbe portato produttività per il nostro territorio.
Come partito della Lega abbiamo esortato più volte gli organi politici regionali e provinciali ad accelerare i tempi per concedere le autorizzazioni necessarie. Oggi è il momento della concretezza,ci sono in ballo centinaia di posti di lavoro e le sorti del nostro territorio. È ora che gli esponenti della sinistra riflettano su quanto sta accadendo. Per questo esorto il nostro presidente della Provincia, Antonio Pompeo, a convocare, con massima urgenza, un tavolo tecnico permanente contro questa crisi». Conclude l'esponente leghista: «Solo riunendo tutte le associazioni di categoria, le associazioni sindacali e tutti i soggetti coinvolti si potrà far pressione sul nostro presidente della Regione e sul governo affinché venga con immediatezza di azione trovata una soluzione definitiva per fronteggiare questa situazione».
Una situazione sulla quale è intervenuto nelle ultime ore anche il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Per dire: «Il caso Catalent può essere l'occasione per mettere mano finalmente a leggi che vanno cambiate. Da questa vicenda dobbiamo trarne la lezione e spingere per via legislativa affinché si semplifichino le norme, si corra di più e si continui con accordi di programma e investimenti per rendere il territorio ancora più competitivo». Non nascondendo il suo ottimismo perché «con Catalent si è avviato un proficuo rapporto e c'è un canale aperto che potrebbe portare a futuri investimenti anche in vista del potente investimento che stiamo preparando e che presenteremo il 13 maggio: miliardi di euro che proietteranno questa regione nel futuro».
C'è anche chi sul caso Catalent "cinguetta". È su Twitter, infatti, che decide di intervenire l'esponente di Fratelli d'Italia, Guido Crosetto, per tuonare contro il ministero della transizione ecologica «colpevole di aver fatto attendere la multinazionale tre anni. In un paese serio - non le manda a dire Crosetto - caccerebbero i burocrati del ministero». E gli risponde Chiara Colosimo, consigliere regionale della Regione Lazio, sempre del partito di Giorgia Meloni, che fornisce ulteriori informazioni: «L'azienda in questione aveva sede ad Anagni, uno dei due sottosegretari è del Movimento 5 Stelle ed è di Frosinone». Non fa nomi, ma ovviamente si riferisce a Ilaria Fontana.
Un nome che, invece, fa esplicitamente Daniele Maura, consigliere provinciale di Fratelli d'Italia: «Ma non c'è un filo che lega governo regionale e nazionale? Ma questa provincia non ha consiglieri regionali di maggioranza che si pavoneggiano del lavoro svolto per la nostra provincia? Ma la nostra provincia non ha un sottosegretario al ministero della transizione ecologica che risponde al nome ai molti sconosciuto di Ilaria Fontana? Si parlano? Ma qualcuno con un nome e un cognome avrà pure qualche colpa? Oppure vogliamo attribuire questa vergogna al signor burocrazia?».