Tre anni fa moriva Gabriel Feroleto, ucciso da chi lo avrebbe dovuto difendere dal male del mondo. La storia del piccolo Gabriel, ucciso in un tiepido pomeriggio di primavera a pochi giorni da Pasqua, ha coinvolto l'intero Paese. Il dolce sorriso del bambino di circa due anni che amava i vigili del fuoco e le merendine al cioccolato si è spento così. Un futuro rubato così, all'improvviso, risate, lacrime, sogni, speranze, tutto finito in un solo tragico istante di quel maledetto mercoledì 17 aprile 2019.

Gabriel divenne il figlio, il nipotino, il fratellino di tutti. Un senso di colpa misto a un rammarico per chi ha pensato che, se solo avesse capito, se si fosse reso conto, avrebbe potuto evitare il peggio. Ma il senno di poi è come avere lungimiranza sul passato e serve a molto poco, sicuramente non serve a Gabriel. Gabriel Feroleto, poco più di due anni, muore soffocato a pochi passi da casa perché piangeva. In manette finiscono prima la madre, Donatella Di Bona, di Piedimonte e poi il padre, Nicola Feroleto.

Indagini lampo e difficili, affidate ai militari e coordinate dai pm Bulgarini e Maisto: falsi alibi, ritrattazioni, accuse reciproche. I due genitori scelgono riti differenti: la madre un abbreviato condizionato alla perizia psichiatrica (che la riterrà capace di intendere e volere) e il padre un ordinario. Le testimonianze in aula sono terribili: perizie e consulenti non risparmiano nulla. Donatella, ascoltata in dibattimento come testimone del processo a carico di Nicola, racconta senza veli come avrebbe ucciso il figlio. Lui, invece, nega sempre. I procedimenti vanno avanti in modo parallelo, a ritmo serrato. Lei viene condannata a trent'anni di reclusione. Lui, otto giorni dopo, all'ergastolo. Era novembre del 2020. È la battaglia legale va ancora avanti. Ieri alle 19 a S. Antonio a Cassino una messa in memoria del piccolo.