È stata una giornata impegnativa, per la presidente di Unindustria Frosinone, Miriam Diurni. Il caso Catalent, come prevedibile, ha scosso l'associazione territoriale di Confindustria.

Dottoressa Diurni, qual è la sua prima reazione alla rinuncia di Catalent a investire in Ciociaria?
«Il territorio è fortemente penalizzato da questa decisione. Primo perché l'investimento sulla produzione dei principi attivi era legato anche a un progetto di ricerca che avrebbe fatto radicare la società sul territorio con investimenti futuri e importanti ricadute. Secondo perché avrebbe coinvolto l'università, con l'assunzione di neo laureati, i giovani che diciamo sempre che vanno valorizzati. Un investimento di cento milioni di dollari sono tanta roba, lo abbiamo irreversibilmente perduto».

Quali sono le vere difficoltà incontrate da Catalent? Tutte causate dall'area Sin?
«Le difficoltà tecniche sono dovute al Sin che sicuramente rallenta i procedimenti, ma il problema più importante che ha influito su tutta la vicenda sono stati i tempi. I tempi lunghi e non certi. Quando la casa madre ha chiesto a Catalent di indicare una data esatta per partire, non è stato possibile indicarla. La conferenza dei servizi è stata rinviata più volte, si chiedevano continuamente chiarimenti e altra documentazione. A quel punto la decisione di spostare tutto ad Oxford».

Ci dobbiamo attendere altre fughe?
«La mancanza di tempi certi mette a rischio gli investimenti, lo dico da tempo. Proprio in momenti difficili come quello che si stanno vivendo, le aziende sane investono maggiormente. Non possono attendere i tempi della burocrazia. Il timore è che dopo Catalent potrebbero esserci altri casi simili».

Cosa intende fare Unindustria per superare problemi del genere?
«Sensibilizzare il governo centrale, sentire le altre aree Sin, fare chiarezza sui tempi delle autorizzazioni, a beneficio dei territori ma anche di tutto il sistema Paese. In Germania per avere un'autorizzazione ci vuole un anno e mezzo, non è un periodo breve ma è certo che trascorso questo tempo si riceve una risposta. Da noi non è così e i risultati sono questi. Da tempo lavoriamo con Confindustria su questi temi, sono fondamentali per le aziende».

Quando un anno fa la multinazionale farmaceutica statunitense Catalent annunciò l'investimento da cento milioni di dollari nel suo stabilimento di Anagni, finalizzato alla produzione di sostanze farmacologiche biologiche, soprattutto vaccini, non si poteva immaginare che la burocrazia avrebbe mandato in fumo il progetto. Catalent ha annunciato ufficialmente, infatti, che sposterà il suo investimento in Inghilterra, precisamente ad Oxford.

La causa? I tempi eccessivamente lunghi per il rilascio delle autorizzazioni, allungati dalle procedure e dai vincoli delle zone Sin (sito di interesse nazionale) quale è l'area industriale di Anagni a causa dell'inquinamento della Valle del Sacco. Un duro colpo per il territorio, per la produzione farmaceutica e l'occupazione (il progetto prevedeva cento assunzioni) che è diventato subito argomento di polemiche e contestazioni.

Tra i primi a intervenire il sindaco di Anagni, Daniele Natalia: «Come amministrazione comunale, in particolare con l'assessore all'ambiente D'Ercole, assieme anche alle associazioni di categoria, abbiamo portato avanti la battaglia per la sburocratizzazione della trafila - oggi lunghissima - che serve per ottenere autorizzazioni in zona Sin e abbiamo chiesto la deperimetrazione di questo insensato Sin».

Per il senatore Massimo Ruspandini (FdI) «Zingaretti e Buschini si svegliano tardi. Il Pd dorme sonni profondi mentre Catalent che sposta cento milioni di investimenti da Anagni in Inghilterra per lentezze e ritardi burocratici è solo l'ultimo esempio di occasioni mancate per la nostra provincia in termini di sviluppo economico e opportunità occupazionale».

Attaccato da più parti, il consigliere regionale Mauro Buschini ha convocato per il 19 aprile un incontro con il commissario della bonifica della Valle del Sacco al quale sarà invitato Unindustria. «Mi sento di raccogliere l'allarme - ha dichiarato - e soprattutto lo stimolo a mettersi ulteriormente in azione affinché il Sin sia una opportunità di miglioramento ambientale, non un limite allo sviluppo e agli investimenti industriali».

Mossa che ha provocato la reazione del sindaco di Patrica, Lucio Fiordalisio: «Buschini convoca il tavolo con i sindacati, peccato che questa problematica era stata fatta rilevare già tre anni fa dai sindaci dei Comuni che riscontravano grandi problemi per colpa del Sin e della burocrazia. Chiedemmo una circolare che snellisse e desse l'opportunità alle amministrazioni comunali di agevolare e velocizzare i procedimenti edilizi. La verità è che non si è fatto nulla, le istanze dei sindaci sono state inascoltate e nel frattempo siamo stati costretti a prenderci mille responsabilità».

di: Daniela Pesoli