"Scandalo delle spese pazze" in abbazia, dom Pietro Vittorelli e suo fratello Massimo vengono ascoltati in aula. L'abate emerito di Montecassino arriva in carrozzina, in abito talare. Ad aiutarlo proprio il fratello, coinvolto insieme a lui nell'inchiesta della Finanza del 2015. Poi con un bastone raggiunge il banco dei testimoni e spiega, respingendo tutte le accuse.
L'inchiesta
Le accuse fanno riferimento a quei 500.000 euro destinati a opere caritatevoli o di culto e che, invece, per i magistrati di Roma sarebbero stati "dirottati" verso viaggi e lussi. Nessuno, invece, né la diocesi né il monastero benedettino avrebbero mai lamentato nulla.
All'abate emerito, lo ricordiamo, viene contestata un'ipotesi di appropriazione indebita. A suo fratello Massimo, (con il quale Vittorelli aveva un conto cointestato) viene mossa l'accusa di riciclaggio. Lo scandalo che ha investito Montecassino risale a sette anni fa (il processo è iniziato due anni dopo). La Guardia di Finanza di Roma nel 2015 aveva disposto il sequestro di 4 conti bancari e di 2 case, iscrivendo nel registro degli indagati sia Pietro Vittorelli che suo fratello. Quindi una richiesta di integrazione d'indagine: troppo complesso il quadro in cui muoversi. Il campanello d'allarme fu un'operazione bancaria sospetta: nessuna "gola profonda", come dissero gli inquirenti, ma movimentazioni di denaro finite sotto la lente. «Opere caritatevoli che non facevano tornare i conti» come sottolineò il gip Passamonti, attraverso cui l'ex abate «avrebbe distratto i fondi sia della diocesi che dell'abbazia». Ipotesi senza alcun fondamento, per le difese gli avvocati Sandro Salera, Antonio Bartolo e Mattia La Marra pronte a demolire l'impianto accusatorio. E proprio sulla distinzione tra conti della diocesi e quelli dell'abbazia si sono soffermati ieri pure il dom e il fratello.
I dettagli
«Avevo diversi conti aperti in diverse banche» spiega Vittorelli ai giudici del tribunale collegiale capitolino per oltre un'ora: in quella del Cassinate ma anche uno nella Banca popolare di Vicenza, cointestato con il fratello Massimo. Conti su cui c'erano, dunque, anche soldi della famiglia. E tra i conti c'era una netta distinzione.
Poi i fondi dell'abbazia erano una cosa, quelli della curia un'altra: in questi ultimi venivano a confluire anche i proventi dell'otto per mille. Quindi l'abate ha ricordato la malattia: momenti terribili. La volontà di non lasciare sola la comunità monastica, il consiglio del cardinal Martini che lo convinse a dimettersi per essere curato.
E l'inizio del percorso medico. Ad essere ascoltato, poi, è stato anche il fratello, coinvolto nell'inchiesta ma per una ipotesi di riciclaggio. Massimo Vittorelli si è soffermato sulle questioni economiche. Ha spiegato come erano distinti nel dettaglio i conti, quali fossero i movimenti, i soldi spostati e i perché di ogni singolo flusso di denaro. L'udienza è stata aggiornata al prossimo 3 novembre per gli ultimi testimoni nella lista testimoniale figura anche il nome del papa emerito, papa Ratzinger sulla cui testimonianza non è stato ancora deciso e dopo una bella sfoltita è stata fissata la data della sentenza. Il prossimo 6 dicembre attesa per la discussione e la decisione.