Lo stato di salute della popolazione peggiora nel tempo. L'incidenza dei tumori più alta rispetto al resto del Lazio. Tuttavia, in assenza di uno studio preciso sulle fonti inquinanti nella zona di Anagni, serve cautela nell'attribuire un nesso di causalità con l'attività svolta dall'inceneritore della Marangoni Tyre. Il clou dell'udienza per la Marangoni è la deposizione della dirigente dell'Epidemiologia ambientale del Dipartimento di epidemiologia del Lazio.
Davanti al giudice monocratico del tribunale di Frosinone Marta Tamburro si tiene il processo per disastro ambientale, omicidio colposo e lesioni personali gravissime a carico di amministratori e direttori della Marangoni Tyre. Sono: Massimo Alessandri, 56 anni, di Rovereto,ex presidente del cda; Mario Marangoni, 89, di Rovereto, già presidente del cda; Giorgio Italo La Manna, 76, di Barletta, ex consigliere delegato; Gerardo Magale, 71, di Frosinone, ex direttore dell'organizzazione della fabbrica; Gian Luigi Carnevale, 49, di Roma, ex direttore della produzione; Luigi Marco Pucinischi, 56, di Latina, ex responsabile tecnico della società.
Le parti civili, in rappresentanza delle persone decedute o che si sono ammalate, nonché del Comune di Anagni, di Legambiente, dell'associazione Diritto alla salute e Fare Verde,sono tutelate dagli avvocati Angelo Galanti, Vittorina Teofilatto, Caterina Frattali, Alessia Maggi, Renata Frattale, Roberta Ciavardini, Federica Nardoni, Costantino Ambrosi ed Emanuele Incitti. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Andrea Buitoni, Roberto Fiore, Enrico Morigi e Nicola Ottaviani.
Il Dep
La dirigente del Dep Paola Michelozzi spiega: «Nel 2018 abbiamo ricevuto una richiesta di accertamento dello stato della salute della popolazione di Anagni legata alle emissioni della Marangoni. Abbiamo redatto una prima relazione sull'analisi della mortalità riferita a 5 anni. Nel 2019 c'è stato un secondo rapporto». Quindi fa una premessa importante: «Noi di Marangoni conosciamo alcune emergenze del passato ma non c'è un modello che ci dà un'impronta delle emissioni. In un secondo report, abbiamo provato a valutare come cambia il rischio in funzione della distanza dalla Marangoni».
Uno studio, è la precisazione, «fatto in mancanza della matrice di esposizione». Tuttavia, dei dati sanitari, c'è «grande accuratezza di informazioni. Abbiamo usato 18 anni di dati sanitari dal 2000 a 2017 - aggiunge Michelozzi - In questo arco temporale abbiamo studiato 26.000 persone. Abbiamo analizzato 3.094 decessi e quasi 900 casi di tumori. Abbiamo potuto mappare la popolazione e costruito dei cerchi concentrici di 500 metri per studiare come variava il rischio in base alla distanza. Una misura del tutto arbitraria che non consente di attribuire un nesso causale perché non c'è la matrice di esposizione».
Due le analisi effettuate, per gli anni 2000-09 e per il 2010-17. Il primo risultato è che uomini e donne nel periodo precedente hanno una mortalità nella media regionale. Dal 2010 al 2017 si osserva un incremento della mortalità, più 12% per gli uomini e più 19% nelle donne rispetto alla media regionale. Parliamo di cause multifattoriali ma probabilmente c'è una componente ambientale molto alta». Grazie al registro dei tumori, analizzata l'incidenza. Che è più elevata per una serie di tumori «e in particolare del polmone - prosegue la teste - del colon retto, dell'esofago, dei tumori del sangue. Ciò fan pensare a un'esposizione ambientale e occupazionale».
L'esperta spiega che entro i 3 chilometri e poi entro i 4, si nota «un incremento del rischio di tumori».E ciò interessa 11.000 e 7.500 residenti. «Quello che non troviamo - insiste - è un gradiente di rischio in funzione della distanza».
Tumori in aumento
Il pm Marzia Uras chiede se sono state fatte verifiche sui tumori. «Si vanno a cercare le patologie associate alla esposizione a diossine o a inceneritori di vecchia generazione. Riscontriamo l'aumento di mielomi, non sempre associati all'esposizione alle diossine. C'è un incremento di tumori polmoni. Troviamo alcuni eccessi di rischio anche per patologie cardiovascolari associati a una peggior qualità dell'aria. Abbiamo eccessi di tumore all'esofago per l'asbesto e di mielomi per l'esposizione alla gomma», spiega Michelozzi.
Ma serve di più. «I passi successivi dovranno essere - prosegue la testimonianza - una caratterizzazione migliore della esposizione della popolazione e dati sull'esposizione in ambito lavorativo». Il pm chiede la compatibilità di questi tumori con un'esposizione continuativa. «La latenza potrebbe essere possibile - è la risposta - Bisognerebbe censire i principali impianti, tenendo conto che quest'area è nel Sin. Stiamo raccogliendo uno studio molto analitico su tutte le matrici ambientali».
Diossina, ma non solo
La dirigente osserva che «queste patologie hanno un'incidenza più elevata negli ultimi 10 anni. Ma è molto complicato quando si deve dimostrare un nesso causale da uno specifico impianto». Tanto più, osserva ancora, che alcune patologie sono compatibili con l'esposizione alle diossine, altre ai pesticidi, altre ancora all'asbesto. Alle domande delle parti civili, Michelozzi chiarisce che avendo analizzato grandi distanze «potrebbero esserci altri inquinanti». Un accenno sulla fuoriuscita di fumi del 2009. «So che era stata interdetta un'area di 500 metri e che se ne erano occupati l'Asl e l'Istituto zooprofilattico. Erano stati abbattuti degli animali». Quindi un'osservazione sui pericoli del passaggio alla catena alimentare: «Il rischio è di estendersi a una fascia di popolazione più ampia».
Tornando al quadro epidemiologico, la teste parla di rischi «peggiori per gli uomini per i tumori a vescica ed esofago per una possibile esposizione occupazionale. Nelle donne c'è un aumento del tumore della mammella che in genere è più basso nel sud del Lazio rispetto a Roma. Potrebbero avere a che fare con l'esposizione a inquinanti presenti nell'area».
Alle domande della difesa, l' esperta specifica che sono stati acquisiti i dati istologici e «tutti i tumori sono confermati». Però, servirebbe un biomonitoraggio, ma pochissimi studi li hanno. La difesa insiste sull'ambito in cui si trova l'azienda. «Mi pare che le aziende sono distribuite su tutto il territorio anche oltre i 4 chilometri - la risposta - Sicuramente c'è un censimento dell'Arpa. Ma ci sono altri insediamenti industriali, altre aziende farmaceutiche. È una situazione complessa da un punto di vista ambientale. Con Arpa occorre valutare quali insediamenti industriali sono di interesse, e lo stiamo facendo». Infine, un'ulteriore precisazione: «l'ideale sarebbe avere delle matrici di dispersione di tutti gli insediamenti e degli inquinanti». Per non parlare poi dei dati sugli stili di vita. In precedenza sentiti due carabinieri sulle modalità di stoccaggio dei rifiuti e sulla fuoriuscita di fumo nel 2009. Prossima udienza il 15 luglio.