Il sole ha illuminato Cassino ieri. Settantotto anni prima il buio, il fumo e la devastazione per il bombardamento che rase al suolo la città e quello che restava del monastero benedettino. La violenza, l'attacco durato ore, le migliaia di tonnellate di bombe che hanno segnato per sempre la storia del territorio e dei suoi abitanti sono sempre vivi nella memoria collettiva.
Ieri, dopo due anni di restrizioni imposte dall'emergenza sanitaria, i bambini e i ragazzi sono tornati a "colorare" la cerimonia. Presenti le principali istituzioni politiche, militari e religiose del territorio. Accanto al sindaco Enzo Salera, il prefetto di Frosinone Ernesto Liguorie l'abate di Montecassino dom Donato Ogliari. L'amministrazione comunale, i consiglieri regionali Buschini e Ciacciarelli, accanto alle principali istituzioni militari del territorio. L'associazione delle vittime civili di guerra con l'Anvcg, e i Labari delle Associazioni Combattentistiche e d'Arma. E tanti, tanti ragazzi.
Sono trascorsi settantotto anni da quel terribile giorno che ha cancellato sotto la violenza delle bombe la città di Cassino, ma la popolazione non si è data per vinta. Nonostante la miseria, nonostante la paura, nonostante tutto il dolore il popolo si è rimboccato le maniche per ricostruire, con lo sguardo al futuro e il cuore nel passato. Il sindaco nel suo discorso ha voluto fare un riferimento alla popolazione che in Ucraina sta combattendo per la propria libertà in questi giorni, ricordando quello che i nostri nonni e tanti altri soldati fecero proprio nella nostra città nata ai piedi della casa di San Benedetto.
«La celebrazione dell'anniversario, del 78° anniversario della distruzione di Cassino, la nostra "Città Martire" decorata di medaglia d'oro al valor militare, per il tragico sacrificio, il 15 marzo 1944, della sua gente e delle sue cose, assume quest'anno un particolare significato davanti all'emergenza della tragedia ucraina le cui crude e raccapriccianti immagini ci arrivano puntualmente dalla televisione, dai giornali, dai vari mezzi di informazione.
Di fronte a ciò, non comprendendo la tragedia di quel popolo di combattenti, alcuni arrivano perfino a rimproverare a quel popolo martoriato la coraggiosa resistenza. "Non è forse preferibile la resa?", sentiamo dire da molti. A tale affermazione quel popolo dice no! Dice no, per ragioni pratiche, politiche, ideali. Gli Ucraini stanno combattendo anche per noi, non per ciò che siamo diventati ma per ciò che fummo e che ancora potremmo essere.
"Nelle periferie di Kiev - ha ricordato un autorevole editorialista del Corriere della Sera qualche giorno fa - nelle steppe sconfinate del Nipro, lungo le rive del Mar Nero, combattono idealmente i nostri nonni, quelle donne e quegli uomini estinti che, nella loro giovinezza, pur consapevoli della forza preponderante del nemico, presero le armi contro la violenza nazi-fascista".
Grazie alla loro lotta e al loro coraggio, ci hanno consegnato la democrazia e la libertà. A noi il dovere di continuare a difendere l'una e l'altra. Ricordare è un dovere, dunque. Di fronte alla tragedia che si sta ripetendo ora, in questo preciso momento, in altra parte del nostro continente europeo, sembra che il ricordare non serva perché tanto poi l'uomo non impara nulla dalla Storia, dalle tragedie del passato. Nonostante ciò – ripeto – è nostro dovere ricordare ciò che è stato, ammonire a che non abbia a ripetersi, impegnarsi nella ricerca incessante della pace.
Cassino, città di pace, leva da qui, da questa piazza un invito, un accorato appello a fermare l'opera distruttrice delle armi, della guerra che da sempre è solo portatrice di morte e di miseria. A proposito dei bambini, della barbarie qual è l'uccisione di molti di loro, ci uniamo all'appello accorato di papa Francesco: "In nome di Dio, fermatevi. Prima di ridurre le città in cimitero, pensate ai bambini cui dobbiamo invece assicurare la vita, dare loro un futuro"».