Se sei Abdoulaye Fofana, giovane calciatore della Guinea della squadra Heraclea dei Monti Dauni, nel Foggiano, la notizia esplode su media nazionali e le telecamere arrivano. Se accade a Cassino, in danno di professionisti, le telecamere forse non arrivano. Ma la giustizia sì. Gli insulti razzisti sono costati a C.F., un quarantaquattrenne di Cassino, una condanna con patteggiamento a otto mesi, ma la sospensione è stata legata dal gip Di Croce alla necessità di intraprendere un percorso di recupero presso enti o associazioni. La vicenda Gli insulti rivolti a una donna di circa quarant'anni originaria dell'Etiopia ma da tempo a Cassino sono stati proprio gli stessi rivolti al giovane calciatore che milita nel campionato dilettanti di prima categoria, balzato agli onori delle cronache nelle scorse ore per la brutta pagina raccontata. Ma in realtà le persone offese sono due: la quarantenne, presa di mira in modo sistematico, e il marito, noto professionista di Cassino.
I due, infatti, hanno sporto denuncia contro il vicino molesto per atti persecutori aggravati dalla questione razziale affidandosi all'avvocato Marco Paliotta.
In più di una occasione, l'imputato avrebbe tenuto comportamenti molesti e ingiuriosi nei confronti della coppia: dalle "scampanellate" notturne al danneggiamento del citofono, al gesto di battere costantemente con la scopa sul soffitto con la scusa di rumori molesti anche quando tutti dormivano.
Non solo. Avrebbe lanciato frutta e verdura dal balcone contro i coniugi, poi pure un supporto in ferro per vasi: in quell'occasione la moglie è stata ferita fortunatamente di striscio. E medicata. Espressioni come «Ti rompo la testa, ti spacco la faccia, vammi a denunciare» si intervallavano agli insulti razzisti: «Scimmia!», «Torna in Africa, stronza di m...», «Tornate in mezzo alla giungla...animale». Parole terribili aggravate dalla connotazione razziale.
Oppure guardava fisso la donna in tono minaccioso, parlando a bassa voce, arrivando a riservare un poco consono atteggiamento anche per il figlio della coppia.
Sempre per le stesse motivazioni. Quindi la denuncia e l'apertura di delicate indagini a conclusione delle quali è stato chiesto il rinvio a giudizio. L'imputato ha scelto di procedere con un patteggiamento: otto mesi di reclusione e l'obbligatorietà di seguire percorsi di recupero psicologico.