Accusato di essersi impossessato di oltre 450.000 euro, versando parte delle somme sul proprio conto corrente personale, acceso nell'istituto bancario dove era vice direttore. Soldi che appartenevano a una coppia di coniugi di Ferentino che, stando alle accuse, sono stati raggirati e truffati. Nei guai è finito S.B., 64anni, di Roma. Vittime due sessantacinquenni, marito e moglie, residenti a Ferentino. L'uomo è finito a processo, accusato di truffa, con l'aggravante di aver commesso il fatto con abuso di prestazione d'opera cagionando alle persone offese un danno di rilevante entità. Il romano, sentito venerdì in udienza, respinge le accuse.
La ricostruzione
Il sessantaquattrenne, all'epoca dei fatti vice direttore della Banca Etruria, filiale di Frosinone, nonché addetto alla gestione titoli nell'istituto bancario, consulente finanziario e gestore dei risparmi depositati dai due ferentinati, stando alle accuse, con raggiri e artifizi, si sarebbe impossessato di un importo complessivo di 469.000 euro versando parte di tali somme, pari a 195.000 euro sul proprio conto corrente. Somma questa quantificata dalla banca a seguito di una indagine interna relativa agli anni che vanno dal 2005 al2016, di cui164.000 accertato dal consulente tecnico nominato dal pm in basa ai documenti forniti dalla banca.
Sempre stando alle accuse, il romano avrebbe effettuato numerosi prelevamenti dal conto intestati alle parti offese, falsificando anche le firme nelle distinte di prelievo. In altri casi avrebbe effettuato prelevamenti senza la firma del ferentinate. Periodicamente consegnava al sessantacinquenne falsi rendiconti degli investimenti effettuati dallo stesso, nei quali rappresentava una situazione finanziaria non veritiera, al di sopra delle reali disponibilità, facendo apparire anche l'esistenza di una polizza assicurativa a risparmio, risultata poi inesistente. Polizza denominata "prodotto musica". L'uomo è finito così a processo.
L'altro ieri si è svolta l'udienza nel tribunale di Frosinone, durante la quale il sessantaquattrenne si è difeso sostenendo di non aver mai preso i soldi dei coniugi ferentinati, l'unica cosa che si rimprovera e di cui si assume la responsabilità, è quella di aver firmato alcuni documenti a nome del ferentinate per cercare di garantire la permanenza del cliente alla banca, a fronte di perdite di investimenti. Perdite ignare al cliente. Ha poi sostenuto di aver versato, nel tempo, diverso denaro sul suo conto, ma che si trattava di soldi che erano nella sua disponibilità.
L'udienza è stata aggiornata al mese di aprile.
Il sessantaquattrenne è difeso dall'avvocato Antonio Ceccani. L'accusa per lui, come detto, è di truffa, con l'aggravante di aver commesso il fatto con abuso di prestazione d'opera cagionando alle persone offese un danno di rilevante entità.