Mimmo D'Innocenzo muore il 27 aprile del 2017 per un malore nel corridoio del carcere di via Sferracavalli mentre i medici provano a trasferirlo in ospedale. Sul braccio un foro di siringa. I familiari non credono all'ipotesi di una overdose: impossibile per un giovane che non faceva uso di eroina. E, cosa non secondaria, vietata in carcere. Il caso giudiziario va verso la chiusura. Ma la famiglia, soprattutto mamma Alessandra, non si arrende. Diversi i tentativi di tenere alta l'attenzione. Due anni fa il sit-in proprio davanti al tribunale di Cassino. Poi ancora a Roma.

L'incontro della signora Pasquire con il ministro Cartabia, pure una interrogazione parlamentare di Italia Viva nella scorsa estate per chiedere se a suo tempo il dipartimento dell'amministra zione penitenziaria abbia svolto indagini interne per verificare le circostanze che hanno determinato il decesso del ragazzone romano giunto dalla comunità di Assisi da appena due giorni, compresa la presenza di un registro degli ingressi in infermeria in quel mese di aprile, mai trovato.
Mimmo, finito in un brutto giro di coca come raccontato dalla madre a 29 anni decide di smettere: entra in comunità. Ma non ce la fa.

Una mattina raggiunge un supermercato sotto casa e a volto scoperto tenta una rapina, poi viene arrestato.
Inizia a scontare la pena ad Assisi, in comunità.
Quando diventa definitiva viene trasferito a Cassino dove, dopo due giorni, muore. La difesa della famiglia, rappresentata dall'avvocato Vitelli, riesce a scoprire attraverso indagini difensive l'esistenza di un testimone che avrebbe riferito di un'iniezione la sera precedente al malore. Forse calmanti. Esisterebbe la testimonianza di un agente di polizia penitenziaria che riferisce di aver accompagnato il ragazzo in infermeria per un malore la sera prima. Ma né medico né infermiera ricordano nulla. E il registro degli ingressi non esiste più.

Come pure la gola profonda che raccontò come era andata. «Come si fa, poi, a non ricordare un ragazzone come mio figlio, alto due metri?» ribatte mamma Alessandra, che anche venerdì scorso è tornata a Cassino, fuori dal tribunale per chiedere che venga fatta luce sulla morte del figlio. Ora con la fissazione della data dell'udienza in cui verrà discussa l'opposizione alla archiviazione, il 5 maggio, la famiglia torna a sperare.
«Vogliamo la verità, non un colpevole a ogni costo» ribatte mamma Alessandra.