Da vittima di revenge porn, abusi sessuali ed estorsione, è passata sul banco degli imputati, a giudizio per calunnia. Nei giorni scorsi l'assoluzione con la formula "perché il fatto di reato non sussiste".
Protagonista una ventisettenne di Frosinone che aveva denunciato il suo datore di lavoro, di un'azienda di grandi distribuzioni nell'area industriale tra il capoluogo e Ferentino, ma era stata a sua volta querelata dall'uomo per calunnia.
La ricostruzione
Era stata obbligata, secondo le accuse, dal suo datore di lavoro, ad avere una relazione con lui. Ad un certo punto la dipendente, una ventisettenne di Frosinone, che aveva un compagno, ha deciso di dire basta e di riappropriarsi della sua vita. Ma, sempre stando alle accuse, il suo datore non ha voluto saperne. Ha rintracciato il compagno della donna e lo ha "convocato" in azienda e ha mostrato un video che sarebbe stato girato a insaputa della donna durante un loro rapporto, sempre stando a quanto ha sempre sostenuto la giovane, obbligato.
Scoperto quanto accaduto, la frusinate ha raggiunto l'imprenditore in azienda, lo ha preso a schiaffi e si è licenziata. Lo ha, quindi, denunciato per abusi sessuali, estorsione e revenge porn. Ma da vittima è passata per essere rinviata a giudizio per calunnia, dopo la denuncia dell'ormai ex datore. Nei giorni scorsi la donna, difesa dall'avvocato Nicola Ottaviani, è stata assolta. Quando la ventisettenne si è fatta forza e ha trovato il coraggio di dire basta a quella che, da quanto ha sempre sostenuto, era un rapporto a cui era stata obbligata dal suo datore di lavoro, è proseguito il suo incubo.
L'uomo ha contattato il compagno della sua dipendente e durante l'incontro ha tirato fuori il cellulare mostrando un rapporto che avrebbe avuto con la donna. Il compagno ha raccontato quanto venuto a conoscenza e ha lasciato la ventisettenne. Quest'ultima è andata in azienda e ha preso a schiaffi il datore rinunciando al posto di lavoro per non essere più sottoposta ad alcuna vessazione. Anzi, si è rivolta alle forze dell'ordine per denunciarlo. Avviate così le indagini. Durante la perquisizione, l'uomo ha esibito il telefono ai carabinieri sostenendo e facendo vedere che non c'era alcun video, aggiungendo che quella con la sua dipendente era una relazione volontaria.
Lei è finita così per essere rinviata a giudizio per calunnia. Nel corso del processo sono stati ascoltati alcuni testimoni, tra cui l'ex compagno il quale ha confermato tutto, sostenendo di aver riconosciuto la donna nel video. Ascoltati anche i carabinieri che avevano effettuato la perquisizione ed è venuto fuori che quando si sono recati in azienda, l'imprenditore ha riferito che li aspettava perché sapeva di essere stato denunciato. È seguita anche una informativa su una fuga di notizie anomala, dimostrazione, secondo la difesa, che lui aveva cancellato e fatto sparire il video.
Terzo elemento portato dall'avvocato Ottaviani, la testimonianza di una collega di lavoro, la quale ha riferito, durante il processo, la circostanza degli schiaffi che la ventisettenne aveva dato all'uomo, prima di licenziarsi. Il pm aveva chiesto due anni di reclusione per calunnia, ma il presidente Marta Tamburro ha accolto la tesi della difesa e ha assolto la giovane.