La villa della violenza di gruppo ancora al centro di un caso giudiziario. Ieri, davanti al giudice monocratico del tribunale di Frosinone, Chiara Doglietto, Angelo De Silvia, 65 anni, di Frosinone, era chiamato a difendersi dall'accusa di invasione dell'immobile, oggetto di confisca e assegnato dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata al Comune di Ferentino.

Il pm Marzia Uras ha raccolto la testimonianza del segretario generale del Comune di Ferentino, Franco Loi, chiamato a ricostruire l'iter amministrativo per il successivo riutilizzo del bene per fini di utilità sociale. Il teste ha ricordato come l'immobile era stato destinato inizialmente alla Caritas e poi a Diaconia con lo scopo, attraverso il progetto Sprar, di ospitare richiedenti asilo.

Ma il progetto non è mai decollato, secondo le accuse anche per degli atti di intimidazione che hanno portato il Comune di Ferentino a costituirsi parte civile attraverso l'avvocato Maria Grazia Turriziani. Il teste ha ripercorso poi gli ostacoli di carattere urbanistico, essendo l'immobile abusivo.

A tal fine, il Comune ha ottenuto dall'Agenzia dei beni confiscati il via libera a risolvere la questione urbanistica. Il difensore dell'imputato, che sarà ascoltato nelle prossime udienze, l'avvocato Luigi Tozzi ha chiesto al teste informazioni sulla violazione dei sigilli, una volta che questi sono stati accertati.

«Quando siamo arrivati - ha detto il dirigente - i sigilli erano stati divelti e abbiamo chiamato l'operaio».
All'imputato è contestato un fatto del 14 novembre 2016 quando, secondo le accuse fu trovato da una pattuglia dei carabinieri all'interno della proprietà con la sua auto dove si era recato per dare da mangiare agli animali che erano lì ricoverati (cavalli e galline).

L'immobile, noto per essere stato teatro di una violenza sessuale di gruppo, era stato confiscato con sentenza della Corte di Cassazione il 5 febbraio 2008. Con una delibera del 2011 il Comune di Ferentino manifestò l'intenzione di acquisirlo per destinarlo a fini di utilità sociale. Tuttavia, secondo il Comune la proprietà, di fatto, è sempre rimasto nella disponibilità della famiglia dell'imputato.