Inchiesta antidroga dell'Arma, ieri i primi interrogatori di garanzia. Visto il numero elevato dei coinvolti, sono finiti davanti al giudice solo alcuni: per gli altri si procederà tra domani e venerdì. Tutti quelli che ieri sono stati chiamati per chiarire la propria posizione hanno scelto la strada del silenzio: nessuno ha aperto bocca. Delle misure cautelari 12 quelle eseguite venerdì scorso, di cui 7 agli arresti domiciliari solo quella di Gianmarco Magliulo è stata sostituita con una meno afflittiva, dopo il deposito della documentazione da parte dell'avvocato Emanuele Carbone: dai domiciliari l'indagato è passato alla presentazione alla pg due volte a settimana. E ora di attende di conoscere la volontà (e le strategie difensive) degli altri coinvolti.
Ricordiamo che le misure cautelari dei domiciliari hanno riguardato anche Vincenzo Carlino 36 anni di Cassino; Giuseppe Morelli 24 anni di Cassino, residente a Piedimonte; Gennaro Scognamiglio 25 anni di Napoli, residente a Piedimonte; Luciano Quartarone 40 anni di Pontecorvo, residente a Piedimonte; Enes Biba, 37 anni di origine albanese, residente a Piedimonte; e Ilario Giorgio di 31 anni di Cassino, residente a Piedimonte.
Tre gli obblighi di dimora e due di presentazione alla pg tra Cassino, Piedimonte, Caserta e Pescara nei confronti di persone di età compresa tra i 25 e i 41 anni.
Gli avvocati Giancarlo Corsetti, Giampiero Vellucci, Emanuele Carbone, Emilio Roncone. Marco Sciascio, Marco Gabriele e Manlio Formica sono pronti.
L'indagine
"Amore mio" il nome scelto per l'operazione, perché secondo i militari dalle intercettazioni sarebbero state utilizzate frasi simili o vezzeggiativi per indicare la disponibilità della droga, tali da far ritenere le conversazioni quasi in stile neomelodico. Ma espressioni come "porta la benzina per mettere in moto" o un "tubolare zincato 50-50"... "per far giocare i cani"; birre grandi o piccole; acquistare auto o "Rocco e Maria" per hashish e marijuana sarebbe stati ugualmente termini usati per indicare lo stupefacente nelle conversazioni telefoniche o sui social. Un sistema saldo, perché basato su legami forti, come vincoli di parentela o affettivi tra i coinvolti. Gli scambi, poi, sempre in base a quanto emerso dalle indagini coordinate dal pm Bulgarini Nomi, sarebbero avvenuti spesso in locali commerciali, negozi di abbigliamento, bar e parcheggi. Piccole dosi, mai grosse quantità.
Una prima piazza sarebbe stata collocata nella parte alta di Piedimonte, l'altra nella zona sud tra via Brunelleschi, viale Tiziano e via Cimabue. Con un pied-à-terre nella zona di San Bartolomeo, a Cassino. E un collegamento diretto con il Napoletano. Punti nevralgici, in zone residenziali altamente popolate: veri e propri "fortini", spesso abitati da più famiglie di uno stesso gruppo. In questi palazzoni, per i militari del capitano Scolaro e del tenente Giorgione, ci sarebbero state buone consegne non solo di droga ma anche di soldi, ritenuti provento di spaccio. Proprio a causa del ritardo nella consegna delle somme previste, oltre a questioni relative alla divisione dei compiti, sarebbe arrivata la rottura tra alcuni indagati fino all'incendio doloso di un'auto a Piedimonte nel giugno del 2018: il punto di partenza delle indagini.