Una strada verso il nulla. Una strada che doveva essere un ponte, con tanto di cavalcavia, a sorpassare il fiume Cosa e la ferrovia, per unire due pezzi di città senza passare per il centro. È la storia di via Gazzelloni, parallela dell'autostrada, prosecuzione di via Le Rase che avrebbe dovuto portare chi veniva dall'A1 sulla variante Casilina senza attraversare il centro abitato del capoluogo. Il progetto ormai si perde nella notte dei tempi. Mai andato a buon fine, poteva servire a snellire il traffico cittadino e ad abbattere un po' dell'inquina mento prodotto dal traffico veicolare in una città ai primi posti in Italia per giornate di superamento dei limiti per le polveri sottili. Ma del cavalcavia ormai c'è traccia soltanto su vecchi progetti ingialliti.

La realtà è che via Severino Gazzelloni finisce con un guard rail che obbliga gli automobilisti a curvare e a entrare nelle stradine che costeggiano la zona di bosco Faito, al confine con Ceccano. Quella striscia di asfalto, in parte realizzata, e interdetta al traffico, è ormai stata conquistata dalla vegetazione. Talmente nascosta o quasi che, più di qualcuno, l'ha scambiata per una discarica a cielo aperto come dimostrano i cumuli di rifiuti ai margini. Del collegamento tra variante Nord e variante Sud della Casilina se ne parlava nei primi anni Duemila. A febbraio del 2005 l'inter vento rientra tra gli obiettivi individuati nel "Piano generale della mobilità", approvato dal consiglio comunale di Frosinone il 30 marzo2001.

L'obiettivo era migliorare la mobilità e decongestionare il traffico cittadino. Tra questi, oltre al potenziamento della Monti Lepini, era previsto il collegamento della variante Casilina Sud, ora via Saragat. In pratica era una bretella di collegamento con il ruolo di by-pass alla SS 156 fra lo svincolo autostradale e la Casilina. Se ne parlava ancora nel 2008. A maggio l'ex sindaco di Frosinone Michele Marini e l'allora presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo firmavano l'accordo di programma per la realizzazione della variante Casilina Sud. Veniva definita «un'opera pubblica indispensabile per la riorganizzazione del traffico». Con l'obiettivo di decongestionare dalle auto i quartieri Ferrovia, Colle Timio e Monti Lepini.

La strada era stata inserita tra gli interventi necessari per fronteggiare il processo di deindustrializzazione.
Un primo lotto funzionale fu realizzato con le risorse del triennio 1997/1999 mentre, per il resto, la Regione Lazio aveva reso disponibili 5.164.568 euro. Era stato approvato anche il progetto preliminare dei lavori di completamento (lotto I e III). Quindi la Giunta regionale finanziò l'opera con i fondi strutturali europei dell'agenda 2000. Ad aprile 2008 il via libera a uno dei due tratti che ancora mancavano per realizzare l'anello da parte della giunta regionale.

«Si fece il primo tratto ricorda l'allora sindaco Marini -poi ci fu la rivolta dei cittadini che non volevano che il viadotto passasse vicino o sopra le loro case. Bisogna vedere se quei finanziamenti ci sono ancora. Il grosso del lavoro era il viadotto che passava sopra il Cosa, via Gaeta vecchia e la ferrovia per arrivare sulla variante Casilina. C'era anche un'ipotesi di cambiare il progetto e realizzare il viadotto più giù verso Ceccano per non far passare il viadotto troppo vicino alle case. Ma poi non se n'è fatto nulla. C'era un comitato che si oppose anche con dei sit in e il Comune si fermò». Emerse pure che le eventuali varianti avrebbero inciso in maniera pesante sui costi. L'assessore ai Lavori pubblici dell'epoca Sergio Paris ricorda: «È un progetto valido, che non ho curato come assessore, e che sarebbe opportuno riprendere e riproporlo per snellire il traffico».