Se ne è andata in un tiepido pomeriggio di novembre Maria Grazia Messore. Insegnante al Pellecchia, direttrice del coro "Annibale Messore" che porta il nome dell'adorato padre. Una donna fantastica, energica, coinvolgente, esempio per tantissime persone.
Solo tre settimane fa era in piazza per Komen Italia e per Race for the cure. Per anni ha combattuto tenacemente contro una terribile malattia, una vera guerriera. La notizia della sua morte ha lasciato senza fiato l'intero territorio, che si è stretto intorno alla dolce mamma Maria Rosaria Lauro, pilastro della Caritas e al fratello Carmelo. Oggi alle 15 si celebreranno le esequie a Sant'Ambrogio.
Delle migliaia di messaggi che hanno ricordato Maria Grazia, le parole del professor Ceccarelli, suo collega, riassumono l'amore e il rispetto di tanti per una donna che ha dato tanto e sempre con il sorriso. «L'ultima immagine che ho di lei è di qualche giorno fa: seduta a scuola, da sola, nel nostro grande atrio, impegnata al pc, forse in un colloquio con i genitori dei suoi alunni.
Non ho voluto disturbarla, ma ora un po' me ne pento.
Avrei voluto dirle quanto importante fosse la sua testimonianza, la sua presenza, per me, per tutti noi, che spesso ci lamentiamo per un niente, dominati da quel fare da cui ci aspettiamo chissà cosa, sapendo bene quanto sia incapace a soddisfare anche solo uno iota del nostro desiderio di felicità.
"Presenza", appunto: se dovessi racchiudere in una parola chi era per me, userei proprio questa, con tutto il peso esistenziale e spirituale che assume il termine se attribuito a un essere umano. In un certo ambiente, "presenza" lo diventa una persona che è presente a ciò che fa, a quello che sta vivendo con tutta la sua persona. E lei lo era, almeno per quello che mi è stato dato di vedere. Una qualità così uno non se la può dare da solo; è un carisma, un dono del cielo, e chi se lo porta addosso diventa anche un testimone autorevole.
Gli altri se ne rendono conto; i giovani soprattutto sono i primi a percepirla.
Per esempio, quando ci davamo il cambio a lezione, il suo semplice apparire sulla soglia dell'aula induceva i ragazzi ad un silenzio pieno di attesa e rispetto. E non solo per la consapevolezza che i nostri studenti avevano della sua malattia e della sua strenua battaglia per affermare la vita, ma soprattutto perché viveva tutto questo con lieta determinazione. Mi azzardo a dire che per me, per quel poco che l'ho frequentata, è stata una di quelli che papa Francesco chiama spesso i "santi della porta accanto" o, nel mio caso, della "classe accanto". Ora, i santi ci preparano la strada e sono grato al Signore di averla conosciuta per un pezzetto di cammino. Speriamo preghi per noi». Il dolore di tutti è immenso.