«Un fenomeno preoccupante»: non usa mezzi termini, ricorrendo forse ad un eufemismo, Flavio Genovesi, capo della Squadra Mobile della Questura di Frosinone, nel definire le dimensioni della prostituzione su strada nel Frusinate.
Un giro di affari "stratosferico", con ricavi enormi per chi lo gestisce. Ed è proprio da qui, dal sistema di sfruttamento delle prostitute e di "amministrazione e controllo" del mercato, che parte l'analisi del dirigente.
«C'è un momento preciso che fa da spartiacque fra vecchio e nuovo metodo – sottolinea Genovesi – ed è il mese di luglio del 2020, quando con l'operazione "Uti Dominus", partita con l'arresto dell'autore del tentato omicidio avvenuto il 9 dicembre 2019 nei pressi del paninaro situato a poca distanza dal casello A1 di Frosinone e di altri 8 albanesi, la Squadra Mobile ha smantellato l'organizzazione slava che all'epoca gestiva tutto il traffico. A ragione il gruppo di albanesi era definito come il "re" incontrastato della prostituzione sull'Asse Attrezzato, nella zona industriale del Capoluogo, il "santuario" per eccellenza del sesso a pagamento. Malavitosi spietati, che riducevano letteralmente in schiavitù le ragazze sfruttate sulla strada alle quali lasciavano poco e niente dei faraonici guadagni maturati nelle giornate e notti di "lavoro".
Questo gruppo – ha proseguito Genovesi – controllava tutto e non lasciava neppure le briciole a chi tentava di inserirsi. E lo faceva con metodi violenti e sanguinari, come dimostra, appunto, il tentato omicidio del capo dell'organizzazione colpito con un colpo di pistola in testa da un altro membro della banda mentre erano entrambi a parlare in auto. Dopo questa operazione e la scomparsa del clan di albanesi tutto è cambiato…».
In che modo si è trasformato il business del sesso a pagamento?
«La mutazione è stata radicale: prima l'organizzazione comprava i posti, le piazzuole, dove le ragazze esercitavano, e c'era una sorta di passaggio di tali aree di famiglia in famiglia. Il clan era "proprietario" di quei posti che le prostitute dovevano pagare profumatamente, con cifre che variavano dai 4 agli 8 mila euro a seconda della posizione. Senza contare i guadagni sui profitti del lavoro svolto senza sosta e sotto una ferrea sorveglianza. Oggi, invece, in base alla nostra analisi, spazzati via con "Uti Dominus" quegli albanesi, il mercato e la prostituzione su strada sull'Asse attrezzato sono tornati liberi. Nessuno finora ha rimpiazzato quel gruppo. Adesso ci sono prevalentemente piccoli sfruttatori che "gestiscono" una o due ragazze. Insomma, si è tornati al vecchio modus operandi. L'unica cosa che è rimasta identica al passato è il volume degli affari, letteralmente enorme».
Può spiegarci meglio quest'ultimo aspetto?
«Le ragazze, quasi tutte giovani e giovanissime (fra i 18-20 anni e i 25-28), lavorando dalle 21-22 fino alle 2 o 3 di notte – ma ci sono anche quelle che operano sull'Asse, conosciuto anche come Stradone Asi, dalla mattina a notte fonda – incassano dai clienti, che non mancano mai ad ogni ora, fino a 4-500 euro al giorno. A loro in tasca restano massimo 100-150 euro: somme che, moltiplicate per le decine di prostitute che "animano" l'Asse Attrezzato, rendono l'idea di quanto sia vorticoso il giro di affari". Per le "lucciole" il passaggio dal vecchio metodo a quello attuale non è stato positivo perché prima, con i posti, riuscivano a portare a casa cifre maggiori mentre ora devono accontentarsi di una miseria».
Dell'età ci ha già detto: qual è l'etnia prevalente delle giovani prostitute dell'Asse?
«Prevalgono nettamente le slave: rumene, albanesi e bulgare. Questo perché hanno caratteri somatici più simili a quelli delle donne occidentali e quindi sono più ricercate dagli uomini. C'è però anche un altro filone…».
Quale?
«Quello extracomunitario, delle donne di colore, quasi prevalentemente nigeriane. In questo caso torniamo a un tipo di prostituzione che ha dietro il crimine organizzato. Ma si tratta di un fenomeno di scala internazionale, che parte dal Paese di origine delle giovani di colore, "esportate" dai clan nigeriani in tutta Europa. Ovviamente tra le mete ci sono anche Roma e le province limitrofe. E infatti la maggior parte delle prostitute nigeriane arriva in treno dalla Capitale durante il pomeriggio e dalla stazione a Frosinone, sotto il sole cocente, la pioggia o il freddo, raggiungono a piedi il proprio posto di lavoro. Che poi lasciano solo a notte fonda – anche alle 5 del mattino - salendo sugli ultimi treni disponibili alle stazioni di Morolo e Supino per far ritorno a casa. Ragazze che dalle spietate bande nigeriane, inserite in una rete molto complessa ed articolata, vengono trasformate in schiave, obbligate per battere la concorrenza a praticare prezzi molto bassi e a "concedere" di più ai clienti. Di frequente anche rapporti non protetti, con gravissimi rischi per la salute di tutti. A loro si rivolgono in genere le persone più indigenti che ottengono prestazioni anche con soli 10-15 euro, mentre le slave non scendono sotto i 50. Nonostante i costi mitigati anche per loro gli affari vanno benissimo, anche se nelle tasche delle giovani di colore restano si e no gli spiccioli per il treno e per mangiare».
Poi ci sono i trans…
«Sì, i famosi "camperisti" che lavorano su questi mezzi chiusi per proteggere la privacy dei clienti. I guadagni qui sono ancora più enormi, specie per i trans "attivi", ben superiori a quelli delle donne "normali", visto che sempre più uomini li preferiscono alle ragazze. I trans sono tutti autonomi nella loro attività e non creano problemi, salvo qualche disputa con gli sfruttatori delle prostitute per le postazioni».
Ma chi è che si rivolge al sesso a pagamento?
"Praticamente tutti, senza particolari differenze di età, ceto sociale, cultura o altro. La richiesta è enorme, il mercato è ricchissimo, basta guardare il volume di traffico automobilistico che si registra sull'Asse Attrezzato quando ci sono le prostitute. Venti o trenta anni fa alle lucciole si rivolgevano i ragazzetti di 18 o 20 anni in cerca delle prime esperienze sessuali. Oggi non è così: dalle prostitute, come detto, vanno un po' tutti».
La droga che ruolo ha oggi nel mercato della prostituzione?
«Direi preponderante. Nel 90% dei casi ci sono di mezzo anche le sostanze stupefacenti. Al punto di poter affermare che la maggior parte degli uomini che cercano il sesso a pagamento si sono "fatti" poco prima del rapporto o, spesso, si drogano durante. Il binomio prostituzione-droga, cocaina in specie, è strettissimo».
Oltre alla prostituzione su strada c'è anche quella in casa però…
«Si e anche questo fenomeno è molto grande e genera profitti altissimi. Però tale tipo di prostituzione è difficilissima da dimostrare per tanti motivi. In casa sua una donna può fare ciò che vuole del proprio corpo. Le risposte avute dalle ragazze inserite in questo mercato parallelo sono sempre molto varie: "sono tutti amici", "ho tanti amanti", "sono ninfomane" e così via. Di qui la grande difficoltà per noi ad operare, anche se spesso riusciamo a beccare sfruttatori e padroni di casa compiacenti».
Ci sono particolari indagini in corso?
«Senza ovviamente scendere nei dettagli, l'attenzione della Squadra mobile e delle forze dell'ordine è costante. C'è un grande lavoro giornaliero da parte delle Volanti, che agiscono su direttive del Questore, per controllare in determinate ore della notte e del pomeriggio l'Asse Attrezzato. Le Volanti agiscono in fase di prevenzione noi interveniamo a fenomeno consumato. Ma sempre in stretta sinergia e con risultati lusinghieri».