Vola alto il prezzo del grano duro che si assesta sui 45 euro al quintale, livelli che non si raggiungevano dal 2007. Una notizia di per sé positiva per i produttori ciociari che potrebbero finalmente vedere premiati i propri sforzi e ripagati gli investimenti. Ma non è tutto oro quel che luccica, anzi. Secondo Confagricoltura Frosinone, infatti, occorre ragionare all'interno di un più generalizzato aumento dei prezzi delle materie prime a cui vanno aggiunti i costi sempre maggiori della logistica, sia nazionale che internazionale, che incide sui prezzi di sementi e concimi, elevando i costi di produzione e, quindi, riducendo per gli agricoltori i margini di guadagno.

«Quest'anno – sottolinea Fabio Corsi, vice presidente dell'organizzazione e produttore cerealicolo – ci sarà sicuramente qualcuno che otterrà lauti guadagni con il grano e tutti gli altri cereali, ma purtroppo la giostra è sempre la stessa: i prezzi alti invoglieranno molti agricoltori ad investire per le prossime semine con la certezza degli aumenti delle sementi e concimi e con molta incertezza sul prezzo che sará alla raccolta».
Le oscillazioni delle commodities creano incertezza non solo tra gli agricoltori ma in tutta la filiera ed è per questo che da tempo la Confagricoltura Frosinone chiede che sia garantito un prezzo minimo che permetta di mantenere costanti le produzioni, invitando altresì i consumatori a preferire prodotti locali.

La certezza di un raccolto nazionale è anche garanzia dei prezzi e qualitá per il consumatore. Il presidente dell'organizzazione agricola Vincenzo del Greco Spezza ammonisce: «Agli occhi del pubblico gli agricoltori sono quelli che stanno facendo cassa, ma nulla è più lontano dalla realtà. Dai nostri osservatori rileviamo che già a fine agosto oltre il 90% del grano in Italia è in mano a commercianti o trasformatori che, grazie alle continue speculazioni al ribasso, viene da questi acquistato ad un prezzo inferiore a quello riportato sui listini delle borse merci. Gli agricoltori spesso si trovano nella necessità di dover vendere ma in generale investono poco o nulla sugli stoccaggi».