Covid e crisi economica. Una crisi che ha colpito tutti ma in particolare alcuni settori. Fra questi il mondo delle imprese. Ne abbiamo parlato con Miriam Diurni, presidente do Unindustria Frosinone.
Pandemia Covid e crisi: quali sono stati i settori maggiormente colpiti e quali, invece, quelli che hanno accusato meno problemi?
«Tra i settori più colpiti sicuramente quello del turismo e quello dei trasporti, che hanno risentito fortemente dei diversi lockdown imposti a causa della pandemia. Qualche sofferenza è stata riscontrata anche dal settore dell'automotive,che vive una situazione di incertezza. L'impatto maggiore è stato subìto dalle imprese più piccole: dall'ultima indagine del Centro Studi Unindustria risulta infatti che il 65% delle imprese ha subito delle perdite. Più in generale, i nostri risultati evidenziano, così come un'analoga indagine Istat, che i danni economici della pandemia sono tanto più forti, quanto minore è la dimensione dell'impresa».

Quali sono i dati di questa crisi? Può farci una "fotografia" di quanto accaduto?
«Una prima evidenza è quella relativa all'eterogeneità degli effetti della crisi. Infatti, se da un lato il settore del turismo e del tempo libero è quello che ha assorbito i maggiori danni dalla pandemia, dall'altro lato le attività relative all'information technology, alle telecomunicazioni e alla meccatronica hanno registrato incoraggianti risultati di crescita nel corso del 2020. Questi risultati si devono soprattutto alle nuove esigenze create dal Covid come l'aumento della domanda di servizi digitali (maggiore connettività per la Dad e per lo smart working), di prodotti sanificanti e di prodotti per l'imballaggio, l'asporto e il mini-packaging. Il Covid-19 oltre all'aver creato nuove esigenze, ha accelerato anche l'introduzione di nuove dinamiche, soprattutto nel mercato del lavoro e negli investimenti. Infatti, i nuovi scenari che si prospettano saranno caratterizzati da maggiori investimenti rispetto al passato, inquadrati soprattutto sulla digitalizzazione e all'industria 4.0, dettati anche dai punti di riferimento del piano nazionale di ripresa e resilienza».

Al contrario, ci sono stati comparti, aziende in particolare, che hanno saputo "sfruttare" il momento difficile? Magari modificando la propria attività o in altro modo?
«Sì, sono soprattutto le imprese di alcuni settori manifatturieri, nei servizi, quelle dell'Ict. Nella maggior parte dei casi queste imprese hanno beneficiato dell'accresciuta domanda di alcuni beni e servizi indotta proprio dalla pandemia e dalle nuove esigenze da questa generate. Nel manifatturiero, il comparto alimentare ha beneficiato della maggiore richiesta di alcuni particolari prodotti (ad esempio i surgelati); ma anche i comparti della chimica, della plastica e della carta hanno registrato un incremento delle vendite, in particolare di prodotti sanificanti e di prodotti per l'imballaggio, l'asporto e il mini-packaging. Altre imprese, ad esempio nella meccatronica, hanno invece adottato strategie di ampliamento e differenziazione dei canali di vendita, oppure hanno lavorato a commesse acquisite prima della pandemia».

Ora si parla di ripartenza: come sta reagendo e come si sta organizzando il mondo industriale della nostra provincia?
«Le aziende non si sono mai fermate, hanno continuato sempre a guardare al futuro, continuando ad investire, quando è stato possibile, puntando su formazione e innovazione. Una criticità che le imprese stanno affrontando dalla fine dello scorso anno è quella del rincaro di alcune materie prime. Infatti, gli stop and go imposti dai diversi Paesi per contenere i contagi hanno alterato il funzionamento di alcune filiere, determinando rallentamenti sia sul fronte dei rifornimenti che della produzione. Inoltre la pandemia ha anche modificato e rimescolato le preferenze di consumo, generando di fatto dei disallineamenti tra la domanda e l'offerta di alcuni prodotti e inducendo aumenti dei prezzi e difficoltà di reperimento di semilavorati e materie prime strategiche per l'economia.

Ad esempio, grazie al processo di digitalizzazione, che ha creato un boom nella domanda di prodotti d'informatica, assistiamo ad una crisi di approvvigionamento dei semiconduttori che si sta rivelando più grave e più lunga del previsto. La necessità di gestire questi imprevisti richiede alle imprese un maggiore sforzo di pianificazione finanziaria e una più attenta gestione del ciclo di conversione degli investimenti in cassa, allo scopo di evitare di compromettere la liquidità e la capacità di generare sufficienti margini operativi».

Quale tipologia di impresa è in vantaggio e quale, invece, in ritardo?
«Sono in vantaggio le imprese che hanno agganciato i trend della transizione green e digitale».
Ci sono esempi virtuosi?
«Nella nostra provincia si sono distinte soprattutto le aziende farmaceutiche, che si sono attrezzate per l'infialamento dei vaccini. È notizia proprio di questi giorni che il Governo stringa per la produzione del Moderna in Italia e che un'azienda del territorio di Anagni sia in pole position per realizzare il principio attivo anti Covid. Tutto ciò non può che essere motivo di soddisfazione per la provincia di Frosinone».

Qual è la ricetta di Unindustria per la ripresa?
«Servono politiche attive del lavoro, formazione continua, specializzazioni e qualificazione della forza lavoro. In Italia, purtroppo, non esiste una cultura adeguata in merito. Servono infrastrutture materiali ed immateriali, snellimento della burocrazia, soprattutto per ciò che concerne le procedure ambientali, una amministrazione pubblica efficace ed efficiente e tutto ciò che può essere utile per rendere il territorio più attrattivo per l'impresa».

Dal Governo e dalle istituzioni in genere cosa vi aspettate? Finora hanno soddisfatto le aspettative oppure no?
«Confidiamo in Draghi che è una garanzia».