«La pandemia che stiamo vivendo è arrivata nella vita di ognuno di noi come uno tsunami improvviso, devastante e senza precedenti. L'essere umano è programmato per sopravvivere. Quando siamo in pericolo, il nostro cervello reagisce e ci rende pronti a combattere, scappare o immobilizzarci, ma la pandemia, diversamente dalla maggior parte delle minacce, non è stata di breve durata: anzi, non è ancora finita.
La paura reattiva è diventata stress cronico e il nostro organismo ha accumulato ormoni dello stress, tossici per il cervello, che possono arrivare ad inibire la produzione di nuovi neuroni causando cambiamenti che innescano la depressione».
A parlare è la dottoressa Tommasina Raponi, Psicologo Clinico con studio ad Alatri e a Frosinone, della quale abbiamo raccolto il parere in merito ai risvolti psicologici derivanti dal persistere della pandemia di Covid, che è ormai giunta alla sua quarta ondata e di cui si fa fatica a vedere la fine.

Dottoressa, ha parlato di stress tossico per il cervello: da cosa deriva?
«Dobbiamo immaginare l'ansia, lo stress, come un fuoco: quando non riusciamo a prevedere il futuro, diventiamo ansiosi; in questo senso il 2020 è stato come benzina sul fuoco. Se siamo inclini a preoccuparci, ci preoccupiamo di più, e questo ci fa sentire costantemente in pericolo, in una tensione continua che non è sana. Ci sentiamo quotidianamente disorientati e allo stesso tempo stressati a causa della costante paura del contagio che sta causando ripercussioni sulla salute mentale di ognuno di noi. L'incessante bollettino di numeri, informazioni, statistiche, la mancanza di controllo sulla situazione, la non conoscenza di quello che accadrà in futuro, non fanno altro che aumentare la tensione in un momento già particolarmente critico».

Quali le conseguenze maggiormente negative derivanti da questa situazione?
«Ansia, insonnia, senso di impotenza, solitudine e rabbia sono condizioni così diffuse tra la popolazione che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha coniato il termine "pandemia fatigue" per descrivere l'insieme di sentimenti di spossatezza e sfinimento che viviamo ormai da mesi. Ansia e depressione si manifestano in vari modi: alcuni non riescono a concentrarsi, sono improduttivi oppure si sentono stremati. Molti stanno soffrendo per la perdita di una persona cara, altri si sentono soli o insicuri sul da farsi, ora che sono vaccinati, oppure timorosi di varianti del virus che possono eludere la protezione del vaccino facendo ammalare loro stessi e i loro cari. Inoltre assistiamo anche ad una diffusa cattiva qualità del sonno e al formarsi di abitudini malsane, l'isolamento sociale ha attivato stimoli simili alla fame portando alcune persone a mangiare di più e aumentando di peso, anche il consumo di alcol sembrerebbe aumentato del 60%».

Chi è più a rischio?
«Sicuramente i giovani adulti, le donne, i genitori con figli piccoli, le persone affette da patologie mentali preesistenti e gli operatori sanitari. Le persone che sono riuscite a mantenere forti legami sociali hanno mostrato minore tendenza a cambiamenti verso situazioni negative e depressive. Per i bambini in didattica a distanza per lunghi periodi, privati delle relazioni con i compagni e del tempo trascorso a scuola, l'impatto in termini di salute mentale è stato catastrofico: i sintomi che manifestano sono disordini alimentari, disturbi del sonno rabbia, ansia autolesionismo e aggressività. I bambini più piccoli, che qualcuno ha soprannominato bambini bunker, hanno avuto pochissimi contatti sociali in un periodo cruciale per il loro sviluppo.

Gli adolescenti, che normalmente in quest'età mettono alla prova la propria indipendenza e le proprie capacità relazionali, sono rimasti a casa con i genitori. Se fino a poco tempo fa si poteva parlare di una "nuova normalità", ad oggi la situazione sembrerebbe essere nuovamente peggiorata e ci ritroviamo a vivere seguendo una serie di limitazioni e guardando al futuro con sempre maggiore preoccupazione».

Come definirebbe ciò che stiamo vivendo?
«A tutti gli effetti, quella che stiamo vivendo è un'esperienza traumatica. Si parla di trauma, infatti, quando un individuo si trova di fronte a condizioni, singole o ripetute nel tempo, che minacciano la sua vita o la sua incolumità fisica e psicologica, oppure assiste alle suddette condizioni verso altre persone. La diffusione del covid-19 rappresenta sicuramente una minaccia alla nostra salute fisica e purtroppo in alcuni casi alla nostra stessa vita. Inoltre, è un pericolo ancora in gran parte sconosciuto e imprevedibile e per questo motivo genera paura ed estremo disorientamento dal punto di vista psicologico.

A tutto ciò si aggiungono le misure di sicurezza adottate, quali utilizzo di mascherine, distanziamento sociale, isolamento, che inevitabilmente hanno effetti negativi sul nostro umore. Nelle ultime settimane stiamo assistendo inoltre ad un aumento graduale di casi di depressione e sentimenti di perdita di speranza per il futuro, principalmente connessi alla crisi economica dovuta alla chiusura delle attività per mesi. Molte persone si stanno rendendo conto di non riuscire a far ripartire la loro azienda e questo potrebbe incrementare casi di suicidio».

Quanto durerà tutto ciò?
«È un autentico trauma da pandemia che potrà lasciare segni fino a 30 mesi, protraendosi anche nei prossimi due o tre anni e mettere a rischio un italiano su tre
Il rischio più diffuso è vivere l'esperienza pandemica in modo traumatico manifestando il cosiddetto disturbo post traumatico da stress, con sintomi cronici o persistenti che vanno da insonnia a incubi e stati d'ansia: in questo periodo in Italia secondo recenti stime potrebbe soffrirne fino a una persona su tre. È bene quindi non sottovalutare i sintomi, se dovessero protrarsi per più di tre settimane è consigliabile rivolgersi ad uno specialista».