Il fiume Cosa ridotto ormai a un rigagnolo, le preoccupazione del Coordinamento Schioppo bene comune. Le cinque associazioni che lo compongono, Frosinone bella e brutta, Rigenesi, Zerotremilacento, Ci vediamo in provincia e il circolo il Cigno di Legambiente hanno scritto una lettera per affermare che «al quadro complessivo di perdurante degrado degli ecosistemi fluviali dei nostri territori, confermato dalla recente morìa di pesci sul Sacco, si è aggiunto questa estate un prolungato stato di penuria idrica che ha interessato i corsi d'acqua della provincia di Frosinone.

Si tratta di un fenomeno stagionale naturale, intensificato però in modo vistoso dalla scarsità di precipitazioni estive e dalle persistenti ondate di calore. In particolare destano preoccupazione le condizioni di secca nel tratto urbano del fiume Cosa interessato dal monumento naturale proposto dal Coordinamento Schioppo bene comune. La cascata, iconico cuore dell'area naturale, è scomparsa ormai da più di un mese, e il fiume si è ridotto a poco più di una successione di pozze d'acqua in cui la vita acquatica versa in grande sofferenza».

Le associazioni aggiungono che «la portata eccessivamente ridotta dei fiumi, unita all'aumento della temperatura delle acque, è un fattore primario di stress degli ecosistemi acquatici in grado di compromettere la biodiversità. Il fattore "quantitativo", specialmente per corsi d'acqua a carattere torrentizio come il Cosa, influisce sulla salute di un fiume almeno quanto quello legato alla qualità chimica e biologica dell'acqua. L'impatto inquinante di qualunque immissione di reflui in un corpo idrico viene amplificata, in modo esponenziale, quando il corso d'acqua è in secca. Eppure, il deflusso minimo vitale dei fiumi resta un'esigenza sottovalutata negli strumenti di pianificazione».

E ancora: «In uno scenario - visibile già oggi ma destinato purtroppo ad intensificarsi - caratterizzato da sconvolgenti cambiamenti climatici, accanto alle azioni di mitigazione è necessario ed urgente disporre di adeguati piani di adattamento locale. La gestione corretta della risorsa idrica è uno degli elementi chiave di tali piani. Occorre mettere in campo una forte azione politica concertata in grado di assicurare il soddisfacimento delle esigenze che ruotano attorno all'uso dell'acqua, così da evitare sprechi e usi impropri e da garantire equi razionamenti quando necessario. Se da un lato resta prioritario e non più differibile che Acea Ato5 ponga rimedio alla scandalosa dispersione idrica dei nostri acquedotti (77,8%), uno dei quali attinge proprio alle sorgenti del Cosa, dall'altro è necessario che la Regione Lazio e l'Autorità di Bacino distrettuale dell'Appennino Meridionale aggiornino in modo concertato i propri strumenti di pianificazione in modo da garantire la sostenibilità futura dei prelievi idrici ad uso irriguo assicurando al tempo stesso un adeguato deflusso ecologico al fiume Cosa.

Che il fiume di Frosinone non sia oggi adeguatamente considerato dai piani vigenti a dispetto della sua importanza naturalistica, storica ed archeologica, è dimostrato del resto dall'esiguo numero di punti di prelievo compresi nella rete di monitoraggio delle acque fluviali dell'Arpa Lazio (solo tre) e dall'assenza totale di misuratori di portata lungo il suo corso. La tutela del fiume Cosa, oggetto di un interesse crescente da parte dell'opinione pubblica come dimostrato fra l'altro dal coro di consensi nei confronti dell'istanza per l'istituzione del monumento naturale ora all'esame della Regione, richiede dunque che le istituzioni preposte pongano maggiore attenzione alla salute delle sue acque e alla sua portata».

Da qui l'appello del Coordinamento Schioppo bene comune a «tutte le autorità preposte alla tutela delle acque, e in modo particolare alla Regione Lazio e all'Autorità di Bacino, affinché venga assicurato un adeguato deflusso ecologico lungo tutto il corso del Cosa così da porre rimedio in modo il più possibile sistemico e duraturo alla penuria d'acqua estiva. Occorre garantire una ripartizione più equilibrata del flusso idrico che sgorga dalle sorgenti ancora ricche d'acqua del Cosa, riducendo per quanto possibile i prelievi alla fonte destinati al lago di Canterno. Riteniamo altresì opportuno che venga valutata la fattibilità della realizzazione di piccoli invasi e/o sbarramenti che rilascino gradualmente durante la stagione secca l'acqua trattenuta dalle piene. È necessario inoltre che le autorità di controllo reprimano con fermezza a monte di Frosinone i diffusi prelievi abusivi d'acqua, destinata troppo spesso ad usi non essenziali».

Da qui la convinzione che «senza acqua il Cosa muore, e con la sua morte sono destinate a svanire le speranze di recupero di un rapporto fra la cittadinanza e il suo fiume improntato alla pubblica fruibilità di un bene comune che abbiamo il dovere di salvaguardare nella sua integrità».