I soldi della Carità del Papa usati per acquistare un palazzo di lusso nel centro di Londra. Un'accusa pesante mossa dal Promotore di giustizia Vaticana, Gian Piero Milano, e dal suo aggiunto Alessandro Diddi.
Per loro «la Segreteria di Stato ha finanziato l'operazione con linee di credito del Credit Suisse e della Banca della Svizzera Italiana per 200 milioni di dollari, garantite attraverso la costituzione del pegno di valori patrimoniali provenienti nelle donazioni dell'Obolo di San Pietro».

Ieri mattina, dunque, nella Sala polifunzionale dei Musei Vaticani, allestita per l'occasione ad aula di Tribunale, è iniziato il processo a carico di prelati, funzionari della Santa Sede e manager esterni. Nei guai anche Tommaso Di Ruzza, originario di Aquino, ex capo dell'antiriciclaggio dello Stato Pontificio. Il caso che lo coinvolge è quello che vede sott'accusa il cardinale Angelo Becciu, relativamente alla compravendita di un immobile al numero 60 di Sloane Avenue, nel quartiere residenziale di Chelsea.

Lo scorso tre luglio, al termine di una meticolosa indagine, il Presidente del Tribunale della Santa Sede, Giuseppe Pignatone, ex procuratore capo di Roma, ha rinviato a giudizio dieci persone: Becciu, sostituto agli affari generali della Segreteria di Stato all'epoca in cui venne deciso l'investimento; il suo ex segretario, monsignor Mauro Carlino; Fabrizio Tirabassi, il laico che gestiva la cassa della Segreteria di Stato; gli ex vertici dell'authority finanziaria per l'antiriciclaggio, René Bruelhart e Tommaso Di Ruzza.

A quest'ultimo viene addebitata un'ipotesi di peculato, abuso d'ufficio e violazione del segreto d'ufficio. Nell'inchiesta, lunga e complessa, secondo quanto si apprende da fonti vaticane, ci sarebbe proprio un capitolo dedicato all'ex Aif ora Asif (Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria) con i fari puntati proprio sul suo presidente di allora Brülhart e sull'ex direttore Di Ruzza. Secondo i magistrati, avrebbero «trascurato le anomalie delle operazioni di Londra». Di Ruzza «è colui che avrebbe dovuto impedire queste speculazioni finanziarie». E sempre lui avrebbe «confezionato su carta intestata dell'Ufficio una delega a operare a favore di Torzi, in qualità di intermediario».

Di diverso avviso la difesa. «Siamo convinti ha evidenziato nei giorni scorsi l'avvocato Filippo Dinacci che non appena ci sarà consentito di spiegare, la vicenda verrà chiarita in un batter d'occhio. Brülhart ha sempre agito nell'interesse esclusivo della Santa Sede e degli organi che la rappresentano. Non ha fatto nulla di diverso da quelli che erano i suoi compiti». E l'avvocato Roberto Borgogno, ha aggiunto: «Tommaso Di Ruzza ha sempre agito nel più scrupoloso rispetto della legge e dei suoi doveri d'ufficio, nell'esclusivo interesse della Santa Sede».

Coinvolti nell'intrigo internazionale anche persone esterne al Vaticano: Cecilia Marogna, sedicente agente segreto di fiducia di Becciu, il banchiere Enrico Crasso, che per lunghi anni ha gestito gli investimenti vaticani tramite il Credit Suisse, l'avvocato d'affari Nicola Squillace, il broker Gianluigi Torzi, nel frattempo arrestato dalla Guardia di finanza di Roma e accusato dallo Stato pontificio di tentata estorsione, e Raffaele Mincione, il finanziere attorno al quale ruota l'intera vicenda. Diversi i reati contestati, a vario titolo ai vari imputati, che vanno dalla truffa, al riciclaggio, all'auto riciclaggio, all'abuso d'ufficio, all'estorsione, alla corruzione, all'appropriazione indebita e al peculato.
L'udienza di ieri è stata dedicata a questioni procedurali e alla costituzione delle parti, tra cui quella della Segreteria di Stato come parte civile. Altra parte lesa è lo Ior.