Carenza di medici specialmente nelle province come Frosinone e Latina; posti di terapia intensiva strutturali ancora al di sotto delle aspettative del Governo; mobilità ancora sbilanciata in uscita e spesa dei servizi non sanitari eccessiva; ospedali di comunità assenti.

Sono alcune delle fragilità del sistema sanitario regionale di cui si è parlato nella tavola rotonda virtuale dal titolo emblematico, "La Sanità del Lazio oltre la pandemia", nel corso della quale sono state presentate "Le proposte della Cisl del Lazio per un sistema di salute che punti all'eccellenza".

Ai lavori, introdotti dal segretario Cisl Usr Enrico Coppotelli, hanno partecipato Alessio D'Amato, assessore alla sanità della Regione Lazio, Rodolfo Lena, presidente della commissione sanità del consiglio regionale e Giuseppe Simeone, componente la commissione sanità regionale.

Al confronto hanno preso parte anche i segretari delle federazioni Funzione Pubblica, Pensionati, e Medici della Cisl del Lazio rispettivamente Roberto Chierchia, Paolo Terrinoni e Luciano Cifaldi. I lavori sono stati chiusi da Ignazio Ganga, segretario confederale Cisl, con una replica di grande spessore e con l'impegno a portare le problematiche emerse sui tavoli di confronto ministeriale.

«La Cisl Medici Lazio – si legge in un comunicato a firma del segretario regionale Luciano Cifaldi – pur dando atto dell'importante lavoro svolto dalla struttura dell'assessorato regionale alla sanità ha evidenziato, come per l'emergenza Covid, il Lazio, avendo reclutato un totale di 1.646 medici dei quali solo 69 a tempo indeterminato, risulti soltanto settimo nella classifica relativa alle assunzioni nelle Regioni elaborata dalla Corte dei Conti nel "Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica"».

E i dati sono importanti per capire lo stato di salute della sanità del Lazio e da cosa ripartire dopo l'emergenza Covid per ridurre le liste di attesa e garantire ai cittadini prestazioni di elevato livello in tutte quelle malattie che, durante la fase pandemica, non sono andate in vacanza.

Il rapporto ministeriale
Secondo il rapporto stilato dal Ministero della Salute, durante lo scorso anno, il Lazio risultava il servizio sanitario in cui si sono perduti più medici dipendenti con un calo di 2.442 unità (da 9.622 a 7.180). E la carenza dei medici assume caratteristiche gravissime specialmente negli ospedali delle province del Lazio che soffrono di ristrettezze e carenze di organico ed organizzative con ripercussioni negative in termini assistenziali. Tuttavia, in queste ore, si sta cercando di porre una sorta di rimedio a questa situazione: la Regione Lazio ha avviato un bando di assunzione per 153 medici di Pronto soccorso, 20 dei quali, a tempo indeterminato, come ha annunciato il direttore generale dell'Asl di Frosinone,  Pierpaola D'Alessandro, sono stati richiesti dall'Azienda sanitaria frusinate. Perché, condividendo una riflessione di Giulio Maria Ricciuto, direttore del Dipartimento emergenza e urgenza presso l'Asl Roma 3, «la carenza di medici, comunque ubiquitaria, affligge soprattutto la periferia, aprendo, quindi, indirettamente alla discussione sulle modalità di incentivazione e di benessere organizzativo da individuare ed applicare in ormai indifferibile. La sanità delle aree interne e di periferia va ripensata e ben focalizzata, ha difficoltà enormi persino simili da Nord a Sud».

Altri dati non confortanti derivano dallo stato di attuazione del decreto sulle misure urgenti in materia di salute, col quale il Governo aveva chiesto alle Regioni di garantire l'incremento di attività in regime di ricovero in Terapia Intensiva rendendo strutturale e non più episodica la risposta all'aumento significativo della domanda di assistenza. Su 282 posti letto di terapia intensiva programmati nel Lazio ne sono stati attivati 97, pari al 34,4%. Mentre sui 412 posti letto di terapia semintensiva previsti ne sono stati finora attivati solo 78, pari al 18,9% anche se, va ricordato, il dato dovrebbe essere in costante aggiornamento.

La Corte dei Conti
Per quanto riguarda la mobilità del Lazio, secondo la Corte dei Conti nel "Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2021", il flusso in entrata è pari all'8,6 per cento e non riesce a compensare quello in uscita dei residenti che vanno a curarsi fuori regione, che corrisponde al 9,1 per cento. Il costo delle cure dei residenti laziali effettuate nelle strutture sanitarie fuori regione è pari a385milioni di euro l'anno. Eppure il Lazio ha un numero importante di strutture ospedaliero-universitarie che dovrebbero garantire livelli elevati di qualità e complessità delle prestazioni. Dal rapporto si evince, inoltre, che la spesa dei "servizi non sanitari (+5,9 per cento il dato su scala nazionale) legata alle consulenze, collaborazione e al lavoro interinale per prestazioni non sanitarie", vede il Lazio con una variazione superiore al 23 per cento.

L'annuario statistico del Ssn
Secondo l'Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale pubblicato dal Ministero della Salute, cita la Cisl, la riduzione degli ospedali a gestione diretta ha comportato nel Lazio una perdita di 2.901 posti letto pubblici. Quindi chi si reca al pronto soccorso ha difficoltà maggiori ad essere ricoverato. Il Lazio è una delle 11 Regioni a non aver ancora creato gli "Ospedali di Comunità", ovvero i presidi sanitari di assistenza primaria a degenza breve/Ospedale di Comunità che svolgono una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero ed è sesta nella classifica delle Case della Salute attivate. Il Lazio, secondo i dati del Ministero della Salute, dispone solo dei due terzi delle strutture psichiatriche territoriali rispetto al resto della penisola: 1,6 per 100.000 abitanti a fronte della media nazionale di 2,4.

Sottodimensionati anche i "Posti in strutture psichiatriche residenziali": 4,9 per 10.000 abitanti contro i 5,3 del resto d'Italia. Così come i "Posti in Strutture ospedaliere psichiatriche attive pubbliche e private": nel Lazio 7,4 per 100.000 abitanti mentre la media nazionale è di 10,2. «Emerge, pertanto, – ha detto Luciano Cifaldi – da questi dati la necessità di un confronto costante tra le categorie dei lavoratori e l'assessorato alla sanità, un confronto che è venuto meno nel periodo di emergenza Covid, ma che la Cisl Medici Lazio continuerà a chiedere anche sui temi di più stretta competenza sindacale quali le dinamiche contrattuali, il benessere organizzativo, mettendo a disposizione delle istituzioni quel significativo contributo che deriva dalla importante esperienza dichi passa tutti i giorni lavorativi in prima linea negli ospedali e nelle strutture del territorio. Solo per fare un esempio l'accordo integrativo regionale della specialistica ambulatoriale è fermo da 15 anni. La pandemia non può essere un alibi per azzerare il confronto sindacale: e nel sollecitare il confronto con la Regione Lazio la Cisl Medici sarà pragmatica, schietta ed essenziale».