Sfilata di testimoni per l'incendio della macchia mediterranea ad Amaseno. A giudizio un imprenditore, S.L. I fatti nel 2018, quando una mattina di metà ottobre, l'imprenditore agricolo era alle prese con le pulizie. Aveva acceso un piccolo fuoco, anche perché fino al 30 settembre l'accensione dei fuochi è vietata. Ad un certo punto però, quel piccolo fuoco si è esteso a causa di un vento improvviso che, stando al racconto, ha fatto scoppiare un incendio che ha avvolto tutta la montagna fino da arrivare quasi in provincia di Latina. Dovettero intervenire due canadair, elicotteri, e al lavoro squadre di vigili del fuoco per tutta la giornata e anche la notte.

Venerdì nel tribunale di Frosinone sono stati ascoltati i testi. Nel corso del processo è venuto fuori che in realtà da parecchio tempo l'area non aveva più i sentieri taglia fuochi, per cui gli imprenditori agricoli si sono dovuti organizzare per cercare di ripulire i terreni nelle proprie aziende. Operazioni che però andavano fatte appunto dopo l'estate e al termine dell'ordinanza del divieto di accensione dei fuochi. Il secondo aspetto venuto fuori è che la zona dove è avvenuto l'incendio, secondo il piano territoriale paesistico regionale, e su cui insiste l'impresa, è area esterna alla macchia mediterranea, e quindi non c'era il divieto.

L'imprenditore, difeso dall'avvocato Nicola Ottaviani, ha descritto al giudice la scena di quella mattina, sostenendo che all'improvviso si è sprigionato un vento forte e il fuoco ha avvolto diversi alberi che probabilmente erano molto secchi e, quindi, c'è stato un effetto a catena simile a quello che producono gli idrocarburi. Il processo è stato aggiornato al 20 dicembre per ascoltare ulteriori testi, per verificare se si trattava effettivamente di macchia mediterranea e se il vento di quel giorno fosse o meno imprevedibile.