Maxi inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere su presunte torture avvenute nel carcere "Francesco Uccella" nei confronti di numerosi detenuti. La procura sammaritana ha delegato i carabinieri di Santa Maria Capua Vetere a dare esecuzione, insieme alla polizia giudiziaria e al Nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria, a ben 52 ordinanze - tra custodia cautelare in carcere, arresti domiciliari, obbligo di dimora e sospensioni - nei confronti di altrettante persone in servizio nel Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria campana.

Con una interdittiva che ha persino coinvolto il provveditore delle carceri della Campania, Antonio Fullone. Una maxi inchiesta che ha raggiunto anche la città martire e il suo hinterland: una delle ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari risulta essere stata notificata a Giacomo Golluccio, 45 anni, nato a Cassino. Indagato a piede libero un altro agente della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, G.Q. di 55 anni, originario di Cassino ma residente a Caserta. Custodia cautelare in carcere, invece, per Felice Savastano, 54 anni di Galluccio.
In tutto sono 8 le misure cautelari in carcere, 18 quelle ai domiciliari, 3 gli obblighi di firma, 23 le misure cautelari interdittive della sospensione dell'esercizio del pubblico ufficio.

Le ipotesi
I pubblici ufficiali finiti nella maxi inchiesta sono accusati - a seconda delle rispettive posizioni - delle partecipazioni o anche "solo" di aver agevolato maltrattamenti e pestaggi in carcere. Accuse ovviamente da dimostrare. La procura sammaritana parla di «molteplici torture pluriaggravate, lesioni, falso in atto pubblico, calunnia, frode processuale e depistaggi». Le indagini prendono corpo dal 6 aprile 2020, dopo la protesta di alcuni detenuti avvenuta il giorno precedente. «All'esito della seconda protesta, il 6 aprile 2020, veniva organizzata una perquisizione straordinaria, generalizzata, nei confronti della quasi totalità dei detenuti ristretti nel reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere, intervento operato da circa 283 unità - sia da personale appartenente alla casa circondariale sammaritana, sia da personale del "Gruppo di Supporto agli interventi" istituito alle dipendenze del provveditore regionale per la Campania» spiegano gli inquirenti. La perquisizione veniva attuata nei confronti di 292 detenuti.

«All'esito della successiva acquisizione delle immagini tratte dall'impianto di videosorveglianza, prova documentale confermata da numerose audizioni delle persone detenute, era contestata l'arbitrarietà delle perquisizioni, disposte oralmente, emergendo il reale scopo dimostrativo, preventivo e satisfattivo, finalizzato a recuperare il controllo del carcere e appagare presunte aspettative del personale di Polizia penitenziaria (dalle chat tratte dai dispositivi smartphone, poi sequestrati, emergeva la reale causale, ossia dare il segnale minimo per riprendersi l'istituto e motivare il personale dando un segnale forte)» spiegano ancora dalla procura.

Tra i messaggi rintracciati sui telefoni di alcuni agenti la procura ha rintracciato conversazioni come «Allora ok, domani chiave e piccone in mano» o «Li abbattiamo come vitelli», prima della perquisizione.
La perquisizione risultava eseguita «senza alcuna intenzione di ricercare strumenti atti all'offesa o vietati». Le immagini della videosorveglianza mostrerebbero «condotte violente, degradanti e inumane, contrarie alla dignità ed al pudore delle persone recluse» proseguono gli inquirenti.