Pestaggio in centro, per difendere i diritti dei disabili. Una violenza registrata nel 2016 in viale Dante. Un tunisino, con regolare permesso di soggiorno, lamenta il parcheggio davanti allo "scivolo": loro lo aggrediscono a pugni, poi spaccano anche i vetri dell'ambulanza; per recuperare il cellulare con cui il trentenne tunisino ne aveva immortalato uno, dirà poi la polizia. La vittima dell'aggressione finisce in ospedale con la mandibola rotta. E parte il processo a carico di due giovani di Cassino accusati di aver aggredito lo straniero "insolente". Un giudizio immediato in cui, però, i due ragazzi di 30 e 34 anni, vengono assolti. Ma il tunisino, assistito dall'avvocato Angela Caprio, presenta ricorso.

La vicenda
Tutto inizia intorno alle 20.30 di una domenica di cinque anni fa, a pochi passi dalla rotatoria di largo Dante. Il giovane tunisino nota un'auto posteggiata davanti a uno scivolo per disabili. E condanna ad alta voce il gesto, dicendo che «a casa sua queste cose non si fanno», fotografando la vettura. Una ragazza si alza e la sposta. Ma non chiede scusa, così come invece preteso dal ragazzo tunisino. I coetanei di Cassino lo aggrediscono a parole, come ricostruito dalla polizia. Secondo i racconti della vittima avrebbero detto: «Qui comandiamo noi, siamo in Italia». Poi la violenza fisica: pugni in pieno volto, senza pietà. Uno lo tiene, l'altro lo picchia. Il tunisino barcolla, cade, si sente male. Intanto le grida richiamano la gente. Chi era presente allerta i soccorsi e l'ambulanza arriva in pochi istanti. Mentre - ricostruiscono ancora gli agenti - qualcuno lancia una bottiglia in strada.

Uno dei due ragazzi cassinati avrebbe preso di mira lo stesso mezzo di soccorso. Poi fuggono a piedi. Per terra restano proprio i vetri del mezzo del 118. Il giovane tunisino racconta tutto, con la mandibola rotta. Meno di 48 ore dopo la polizia identifica due giovani ritenendo entrambi gli autori della violenza. E nei loro confronti viene chiesto il processo.

L'appello
Gli esiti dell'istruttoria dibattimentale nel processo di primo grado non avrebbero permesso di affermare la responsabilità penale degli imputati oltre ogni ragionevole dubbio. La difficoltà dei testimoni nel riconoscere le persone coinvolte - nonostante la presenza di numerose persone al momento dell'aggressione - ha presumibilmente portato il giudice di primo grado - la dottoressa Tavolieri - a una sentenza di assoluzione. Sentenza, però, appellata dal giovane attraverso lo studio Caprio.

Secondo la difesa del tunisino, le dichiarazioni rese dalla parte civile sarebbero state precise e concordanti con quanto dichiarato da testi, poliziotti e operatori sanitari. Anche perché, se non vi fosse stata l'aggressione, non si comprenderebbe il tentativo di strappare alla vittima anche il cellulare con il quale prima aveva immortalato l'auto posteggiata, poi - forse - anche uno dei coinvolti. O almeno questo era apparso ai presenti. L.C., 30 anni di Cassino, è stato ora condannato a 3 anni e 6 mesi; a 3 anni e 8 mesi G.R. di 34 anni. Atteso il ricorso.