Premeditazione e volontà omicida, prima di tutto. Prevalenza delle aggravanti sulle attenuanti generiche e, a corredo di ogni altro motivo d'appello, le foto della brutale aggressione avvenuta in via Celletti, in zona Restagno, nel 2019. Una memoria difensiva, quella proposta dagli avvocati Trapazzo, Panaccione e Ranaldi, in cui a parlare - oltre alle questioni di diritto - sono state anche le immagini del sangue nell'abitazione dei pensionati, quelle dei loro volti subito dopo l'aggressione. I giudici hanno ascoltato e guardato. Poi hanno deciso: conferma in appello a dieci anni di reclusione (pena stabilita in primo grado con un abbreviato) per Alberto Di Cicco, trentatreenne di S. Elia, per l'ipotesi di tentato omicidio. Le motivazioni saranno depositate tra 90 giorni.

La vicenda
Secondo quanto ricostruito dagli agenti del Commissariato di Cassino, il trentenne avrebbe rubato la giacca da poliziotto del padre e bussato a casa dei genitori di colui che forse riteneva il suo "rivale" in amore. «Apritemi, sono della polizia. Devo arrestare vostro figlio» avrebbe urlato. Neppure il tempo di avvisare il ragazzo che non era in casa: il giovane avrebbe colpito i pensionati ultrasettantenni. Colpi al cranio, al volto, pure alle braccia alzate nel vano tentativo di evitare che il martello, estratto velocemente dalla giacca da poliziotto, potesse ucciderli. E la paura che l'arrivo del figlio potesse far precipitare tutto. Le urla delle vittime dell'aggressione richiamarono l'attenzione dei residenti della tranquilla palazzina, in una zona residenziale a un passo dal centro.

Proprio l'arrivo di un vicino evitò il peggio, mentre al giovane non rimase altro da fare che dileguarsi saltando sul balcone del piano rialzato della palazzina: la giacca restò impigliata in una zanzariera. Poi l'arrivo del figlio dei due pensionati; di 118, polizia e agenti della scientifica. Le vittime vennero trasferite a Roma. La polizia privilegiò la pista "passionale". L'indagato invece l'avrebbe respinta: avrebbe indossato la giacca del padre casualmente ma non sarebbe riuscito a chiarire tutti gli aspetti della vicenda, con molti momenti di buio. Fermo non convalidato ma con l'applicazione della misura cautelare richiesta dal pubblico ministero. E dopo la sentenza di primo grado, nel giugno del 2020, l'istanza della difesa - accolta - dei domiciliari con il braccialetto elettronico.