Nuovi disoccupati, nuove famiglie in povertà o a rischio povertà, nuovi drammi. I numeri dell'ultimo osservatorio Caritas della diocesi Frosinone-Veroli-Ferentino, presentato giovedì alla presenza del vescovo Ambrogio Spreafico e del direttore della Caritas Marco Toti, lo certificano. Nel 2020 lo sforzo di solidarietà ha coinvolto più persone rispetto al passato.
La pandemia, in un certo senso, ha motivato le persone a slanci di generosità. Ma, d'altro canto, più alte sono state le richieste di aiuto. Molte famiglie, infatti, hanno avuto bisogno di una mano da stringere per tenersi aggrappati alla speranza di potercela fare. Quella mano, metaforica, ha rappresentato più concretamente un sostegno economico per il pagamento di una bolletta, un pasto caldo, un libro per studiare.
Una famiglia su due, prima del 2020, non aveva mai chiesto aiuto alla Caritas che, nei centri di ascolto, ha incontrato 2.120 famiglie (1.341 italiane, 779 straniere).
Nel 2019 erano state complessivamente 850.
Questo rappresenta soltanto un frammento del report che, però, rende bene l'idea della situazione e conduce a un altro ragionamento. O rischio, per meglio dire.
Quello dell'usura. Troppe le famiglie che a causa del sovraindebitamento e di entrate economiche diminuite o pari a zero hanno rischiato, e rischiano ancora, di entrare nel vortice dell'usura.
La fondazione antiusura Goel, costituita dalle diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, Anagni-Alatri, Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo e che opera con i centri d'ascolto presenti nelle parrocchie dislocate all'interno di questi territori, svolge un lavoro di prevenzione.
«Il 2020 è stato un anno particolarmente complesso - si spiega nell'osservatorio Caritas della diocesi Frosinone-Veroli-Ferentino - Da marzo a maggio, con il primo lockdown, i centri d'ascolto sono stati chiusi al pubblico.
C'è stata, dunque, la sola possibilità di fare ascolti telefonici, rimandando l'incontro de visu al momento della futura riapertura».
Questa nuova condizione ha rappresentato un cambiamento per la fondazione antiusura Goel che ha dovuto ripensare il lavoro in chiave non convenzionale.
Sfruttando, dunque, la tecnologia per continuare a garantire l'attività e il sostegno alle famiglie.
«Con queste nuove modalità - si legge nel report - è stato possibile ascoltare e orientare trentacinque casi di indebitamento». Aspetti nuovi. Non solo nelle modalità.
E il lavoro da svolgere è stato parecchio.
«Un aspetto nuovo emerso dalla seconda metà del 2020 - si evidenzia - è stato quello riguardante l'incontro con famiglie impossibilitate a restituire il prestito richiesto negli anni precedenti. Un fenomeno connesso alla crisi economico-lavorativa in corso. Di conseguenza si è registrato un forte incremento di richieste di ricontrattazione del debito, a fronte delle quali la fondazione ha deciso di adottare una politica di recupero crediti soft, senza intraprendere in prima istanza la via legale, ma cercando di capire la capacità di restituzione delle persone. Dando, in questo modo, la possibilità di onorare il prestito e vivere dignitosamente».
In linea con la tendenza degli ultimi due anni la fondazione antiusura Goel ha constatato «come i bisogni familiari siano in profondo mutamento rispetto alle richieste di finanziamento di soli tre o quattro anni fa. Con il tempo, infatti, è emerso un incremento dell'ammontare dei debiti, connessi soprattutto ai mutui sulla prima casa o a debiti con l'agenzia delle entrate. Si tratta, a ben vedere, di indebitamenti connessi ad aspetti non secondari nella vita delle famiglie, aggravate non di rado da storie di separazioni conflittuali».
Il quadro è chiaro. E bisogna mantenere molto alto il livello di guardia. Sotto questo punto di vista, dunque, un lavoro di prevenzione è fondamentale per sottrarre nuove vittime dalle famiglie alle imprese agli usurai che, invece, in questa situazione trovano terreno fertile per i loro affari.