Una base di spaccio a corso Lazio. Una «fiorente attività», come scrive il gip, in favore di tanti clienti desiderosi di acquistare cocaina. I carabinieri del Norm della compagnia di Frosinone hanno dato esecuzione a tre ordinanze di custodia cautelare.

Il gip Antonello Bracaglia Morante ha applicato la misura del carcere nei confronti di Guido Spinelli, 39 anni, residente proprio in corso Lazio, mentre agli arresti domiciliari sono finite due donne sua madre Vincenzina Spinelli, 63, e la moglie Isabella Spada, 34.
Sono accusati dell'attività di spaccio dal 2018 fino a settembre 2020.

Le indagini dei carabinieri della compagnia di Frosinone guidata dal capitano Luca D'Alessandro si sono sviluppate attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali e riprese video. Nell'inchiesta c'è un'altra coppia, accusata oltre che di spaccio per un importo di 300.000 euro e di avere costretto un acquirente a cedere la sua vettura come corrispettivo degli acquisti di cocaina non saldati e di aver subito altre minacce.
Per loro però non è stata accolta la richiesta di misura, trattandosi di fatti risalenti nel tempo, tra l'estate del 2018 e la primavera del 2019 perché non è stata ravvisata una situazione di concreto pericolo per la commissione degli stessi delitti. Per i tre, difesi dall'avvocato Tony Ceccarelli, che avevano adibito la loro casa popolare come base il gip ha ritenuto sussistenti i «gravi ed univoci indizi di colpevolezza».

Contestata la «detenzione e cessione a terzi dietro corrispettivo in denaro di cocaina, crack e talora hashish, perpetrato in maniera costante, abituale e ripetuta (quale unica o prevalente "occupazione" di tali soggetti) nell'arco temporale di diversi mesi».

I carabinieri hanno monitorato costantemente i principali clienti del trio, tra cui una coppia di Ceccano, solita recarsi ad acquistare cocaina a corso Lazio anche di notte. E dunque dalle conversazioni intercettate emergono i commenti sulle modalità di acquisto, sui quantitativi dello stupefacente, sul prezzo pagato e perfino sul modus operandi ("da dietro la grata in ferro ci consegnavano la cocaina che chiedevamo") per la consegna dello stupefacente. Alla luce della mole delle conversazioni intercettate, il gip argomenta che il tenore delle stesse «così integrato e complessivamente letto, non lascia spazio ad alcun dubbio circa la commissione delle numerose e protratte condotte delittuose contestate».

Inoltre «non vi è alcun dubbio poi sulla identificazione degli attuali indagati, quali occupanti dell'appartamento nel quale si svolgono le attività di spaccio dello stupefacente». Nel giustificare le misure da adottare il gip evidenzia «i connotati delle condotte degli indagati e le modalità organizzative adoperate, l'ampiezza temporale e quantitativa del reato, l'entità presumibilmente cospicua dei guadagni ritraibili e ritratti dallo spaccio: in una parola gli elementi sintomatici univoci di una spiccata capacità delinquenziale di soggetti che hanno fatto del crimine la loro unica o prevalente occupazione e che de dalla commissione dei delitti investigati traggono il sostentamento per sè e per i propri familiari».

Per il gip «nel lasso di tempo monitorato dalle indagini essi si sono dimostrati quotidianamente attivi nella detenzione e distribuzione dello stupefacente, con cadenza diuturna e con sostanziale ripetitività della condotta delittuosa». Anche dopo gli interventi dei carabinieri, l'attività è proseguita ininterrotta «con l'adozione di maggiori cautele operative».

Il gip, per quanto riguarda i rifornimenti, parla di «un collegamento con criminalità di ancor maggiore spessore dedita a traffici illeciti». E dunque per l'uomo ritenuto «principale interlocutore degli acquirenti» è stato disposto il carcere, per le altre due i domiciliari.