L'altra Frosinone è quella che se ne sta nascosta e sfida il passare degli anni lontano dai nostri piccoli e grandi problemi quotidiani. Poi, quasi d'improvviso, si fa notare come per ricordarci l'importanza della storia, del passato che resiste, della bellezza. Proprio perché di bellezza stiamo parlando quando osserviamo, per la prima volta, un particolare del mosaico pavimentale che raffigura un bue marino. O Tritone che suona la conchiglia. La coda dell'ippocampo. Sono i dettagli che fanno la differenza. Le terme romane sul fiume Cosa, non molto lontane da Ponte La Fontana, sono emerse a marzo 2021 durante l'esecuzione di saggi archeologici preventivi al rifacimento dell'impianto fognario e hanno portato alla luce i resti di un edificio termale di epoca romana imperiale che conserva parte delle originarie pavimentazioni musive e dei rivestimenti parietali marmorei degli ambienti.

La scoperta del sito, nei pressi di via San Giuseppe, è di particolare rilevanza e permette di confermare la frequentazione della sponda sinistra del fiume Cosa in epoca romana imperiale. Di grande fascino le superfici pavimentali emerse a pochi centimetri dall'attuale piano di calpestio. Siamo intorno al secondo secolo dopo Cristo. I soggetti marini rappresentati dai mosaici trovano confronti iconografici nella vicina Supino e affinità stilistiche in alcuni mosaici ostiensi. E adesso cosa succede? La soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio delle province di Frosinone e Latina, diretta da Paola Refice, ha disposto la prosecuzione degli scavi. Le finalità sono conoscitive e lo scopo è quello di avviare gli opportuni provvedimenti ministeriali a fini tutelativi. L'ampliamento delle indagini archeologiche, eseguite dal team coordinato dall'archeologo Davide Pagliarosi sotto la direzione scientifica del funzionario archeologo della soprintendenza Daniela Quadrino, rappresenta soltanto la prima fase di unaricerca che si pone l'obiettivo di individuare l'estensione e la cronologia dell'intero complesso termale.

Fino a questo momento, nello specifico, sono emersi i resti di alcuni ambienti in opera reticolata e laterizia e una vasca quadrangolare che rappresenterebbe il frigidarium. Ovvero, nel bagno romano la sala per il bagno freddo, alla quale si giungevadopo essere passati per il calidario e il tepidario. Questo vuol dire che,da lì, potrebbe emergere ancora altra bellezza.
Sinergia, tutela e valorizzazione, percorso archeologico.
Sono queste le parole chiave che hanno caratterizzato la conferenza stampa che si è svolta ieri all'aper to nei pressi della Villa Comunale di Frosinone. Presenti il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani, la soprintendente Paola Refice e il funzionario archeologo Daniela Quatrino.Il primo cittadino, dopo aver ringraziato il lavoro delle presenti, dell'archeologo Davide Pagliarosi e della direttrice del museo archeologico Maria Teresa Onorati, ha sottolineato l'impor tanza dei ritrovamenti «dal punto di vista storico, ma anche identitario».
Successivamente, entrando nel merito della discussione, ha evidenziato che «il Comune di Frosinone intende valorizzare al massimo i reperti e le indagini archeologiche nell'ottica di creare un percorso dedicato e portare alla luce i preziosi ritrovamenti» identificando, poi, nella vicenda riguardante l'anfiteatro di viale Roma su cui è stata edificata una struttura moderna «l'emblema di ciò che non si deve fare».

Parla di «ferita ancora aperta». In collaborazione con la soprintendenza, spiega il sindaco, «abbiamo attivato un percorso nel quale più attori istituzionali lavorano fianco a fianco per valorizzare il sito e intendiamo accelerare nella direzione intrapresa: quella della conoscenza e della promozione delle nostre radici». Un'altra parola chiave è risorse. Quelle che servono per tutelare, valorizzare e promuovere le bellezze antiche del capoluogo. Ottaviani non si tira indietro e lancia una provocazione a sfondo politico. «Sono un convinto assertore di quello che è il concetto di area metenti di far parte come province di questa area. Benissimo – la provocazione – se siamo area metropolitana romana e su Roma questo tipo di investimenti continuano, vogliamo che una parte di questi vengano destinati a quella che è "la periferia dell'impero" della quale ci onoriamo di appartenere. Non soltanto nel senso del dare, ma anche nel senso di ricevere!». Servirà un lavoro sinergico per raggiungere l'obiettivo di un percorso archeologico. Così come servirà una forte unità di intenti – e risorse – per tenere alla luce i resti scoperti a marzo.

Va in questa direzione il monito della soprintendente Paola Refice che focalizza l'attenzione sulla questione della manutenzione ordinaria. Lo spauracchio, in estrema sintesi, è quello che in assenza, proprio allo scopo di tutelare il sito, si possa arrivare al ricoprimento. Il progetto di valorizzazione, invece, dovrà includere i restauri conservativi delle murature e delle superfici decorate, la realizzazione di coperture e la progettazione ambientale con messa in sicurezza degli argini, anche al fine dell'inserimento dell'area nel futuro Parco urbano del Fiume Cosa. L'auspicio è che il dialogo tra le istituzioni, aperto al coinvolgimento di realtà economiche e produttive locali, favorirà la progettazione di un'area archeologica fruibile al pubblico. Tra i luoghi di interesse è compresa l'area suburbana di Ponte del Rio, nei pressi della rotatoria all'incrocio tra via Casilina e via Monti Lepini, che conserva i resti di un monumento funerario di epoca romana in travertino e cementizio e di una calcara circolare, posti ai due lati del tracciato stradale glareato della via Latina. Ma non solo.

Interessanti rinvenimenti di epoca protostorica (villaggio volsco) e romana (rampa basolata e terme di età imperiale, forse parte di un mansio) ci sono stati nei pressi della Villa Comunale. Numerosi, inoltre, i nuclei a vocazione funeraria da via Aldo Moro a De Matthaeis. Fino ad arrivare all'anfiteatro romano rinvenuto negli Sessantanei pressi di viale Roma.