Un'operazione simile non si era mai vista prima: quattro procure unite, 71 misure cautelari contro Camorra e 'Ndrangheta, 15 fermi, centinaia di indagati e sequestri per circa un miliardo di euro. Tra i beni finiti nelle mani dei militari del Pef e dello Scico della Finanza nonché dei Ros dei militari anche dei terreni e un immobile ad Aquino e ad Anagni.

Si tratta, secondo le prime informazioni, di quattro appezzamenti ad Aquino e sei ad Anagni dove è stato anche sottoposto a sequestro preventivo un immobile di 12 vani: beni che farebbero riferimento a uno degli indagati finiti nella rete della Dda calabrese, titolare anche di una ditta di trasporti su gomma. Sequestri eseguiti all'alba di ieri con il supporto dei militari del Comando provinciale di Frosinone guidati dal colonnello Gallozzi.

L'offensiva
L'operazione "Petrol-mafie" è stata condotta su una duplice direttrice investigativa dalle Direzioni distrettuali antimafia di Napoli, Roma, Reggio Calabria e Catanzaro con il coordinamento della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e di Eurojust che «hanno fatto emergere la gigantesca convergenza di strutture e pianificazioni mafiose originariamente diverse nel business della illecita commercializzazione di carburanti e del riciclaggio di centinaia di milioni di euro in società petrolifere intestate a soggetti insospettabili».

L'operazione, che ha riguardato anche la provincia di Frosinone, ha visto l'impiego di oltre 1.000 militari puntando i fari sulla integrazione delle mafie nel mercato delle imprese: un processo emerso da tempo nelle più importanti indagini sulla criminalità organizzata, tanto che «ormai è divenuto sistematico e globale il riciclaggio di denaro, frutto di traffici illeciti, non solo nella economia legale per "ripulirlo", ma anche nell'economia criminale per produrre ulteriori proventi illeciti, in questo caso attraverso frodi fiscali nel settore degli oli minerali».

Tra i reati ipotizzati l'associazione di stampo mafioso, l'associazione per delinquere aggravata dall'agevolazione mafiosa, frode fiscale, riciclaggio e ricettazione. Tra i gruppi coinvolti a ricoprire un ruolo centrale sarebbe stato il clan Moccia per la Camorra, egemone secondo le Dda nelle frodi negli oli minerali; i clan Piromalli, Cataldo, Labate, Pelle e Italiano per la 'Ndrangheta nel Reggino. E i gruppi Bonavita di S.
Onofrio, gruppo San Gregorio, Anello di Filadelfia e Piscopisani a Catanzaro. Le misure (ben71 le ordinanze di custodia cautelare in carcere) nei confronti dei vari esponenti dei gruppi criminali.

Le gerarchie e il modus operandi
A occuparsi degli affari direttamente, dicono gli inquirenti, è lo stesso Antonio Moccia, «esponente di vertice del clan, che insieme all'imprenditore Alberto Coppola, ai commercialisti Claudio Abbondandolo e Maria Luisa Di Blasio lavorano su canali legali di investimento». Per la raccolta delle ingenti somme liquide derivanti dalla frode con operazioni inesistenti nel settore dei petroli, appunto, il clan Moccia si avvaleva di una vera e propria organizzazione parallela, autonoma e strutturata, creata per il riciclaggio di «elevate risorse finanziarie, gestita da "colletti bianchi", attiva sia sul territorio partenopeo che su quello romano.

In pratica, le società "cartiere" gestite dal gruppo Coppola, una volta introitate le somme a seguito delle forniture di prodotto petrolifero, effettuavano con regolarità ingenti bonifici a società terze, simulando pagamenti di forniture mai avvenute».