Nel pieno della terza ondata di Coronavirus, a far più paura sono le varianti del Covid-19. Tra queste, la variante inglese è stata riconosciuta come una delle più contagiose e, soprattutto, più contagiosa in età evolutiva. Potrebbe essere questa la spiegazione all'incremento di casi nei bambini e nei ragazzi in età pediatrica.

La buona notizia sarebbe– almeno stando ad uno studio del King's College, pubblicato su "The Lancet" – che "La presenza della variante inglese non mostra di rendere SARS-CoV-2 più pericoloso per i bambini ma solo più contagioso." Dunque, gli esperti dell'università britannica hanno certificato una maggiore diffusione del virus tra bambini e ragazzi in età pediatrica ma non un aumentata pericolosità dello stesso per questi soggetti.

In attesa di dati ufficiali sulla diffusione e sulla pericolosità delle nuove varianti in Italia, i medici pediatri si stanno organizzando per far fronte all'emergenza anche nella nostra provincia, dove nelle ultime settimane il virus si è diffuso rapidamente tra i più piccoli. Il dottor Serafino Pontone Gravaldi, pediatra di Sora e membro del direttivo regionale della Federazione italiana medici pediatri, insieme ad altri colleghi del territorio, è sceso in campo al fianco dei piccoli pazienti.

Due i progetti ai quali si lavora al momento: una campagna di screening nelle scuole sui bambini in età pediatrica e lo studio dei piccoli che hanno già contratto il Covid, per verificare la formazione di anticorpi e capire come muoversi al meglio in tema di vaccinazioni. A spiegare nel dettaglio il piano d'azione è lo stesso dottor Pontone Gravaldi, anche in qualità di rappresentante sindacale dei pediatri della provincia di Frosinone.

Dottore, è allarme variante inglese ormai anche in Ciociaria. Si parla di una maggiore contagiosità anche in età pediatrica. E' così anche in provincia di Frosinone?
«La fascia di età che contrae il virus si è notevolmente abbassata rispetto alla prima e alla seconda ondata.
A marzo dello scorso anno i bambini e i ragazzi in età pediatrica, quindi fino ai 14 anni, non contraevano il Covid se non in casi rarissimi. Stesso discorso valeva per gli adolescenti. Nella seconda ondata di Coronavirus la situazione era pressoché analoga.
Oggi, nel pieno della terza ondata, con l'arrivo delle varianti, registriamo un incremento di casi anche tra i pazienti più piccoli. La provincia di Frosinone non è stata risparmiata, anzi, soprattutto nell'area Nord, negli ultimi giorni, evidenzio particolare preoccupazione tra i colleghi.»

Stando ai dati che abbiamo al momento, questa variante è davvero solo più contagiosa o è anche più pericolosa per i bambini?
«In età pediatrica, fortunatamente, non assistiamo a particolari problemi o complicanze. La maggior parte dei piccoli pazienti è spesso asintomatica. Nei casi sintomatici, invece, riscontriamo raffreddamento, perdita del gusto e dell'olfatto, cefalea e febbre. Quello che mi preme sottolineare è che c'è bisogno di studi e dati concreti su queste varianti, affinché si possa intervenire nella giusta maniera. Andranno studiati anche gli effetti a lungo termine per sapere se c'è il rischio che possano essere sviluppate altre problematiche legate al virus nel tempo.»

Al di là dei sintomi legati al Covid, la pandemia ha generato un allarmante disagio psicofisico nei bambini e anche negli adolescenti. Quanto stanno male i più piccoli sotto questo punto di vista?
«Tanto. Mi verrebbe da dire troppo, purtroppo. C'è grande allarme tra noi medici pediatri. Il Covid ha stravolto le vite di tutti ma tra i più piccoli si evidenziano grandi disagi. Restrizioni, privazioni, scuole chiuse e vita sociale quasi azzerata hanno destabilizzato bambini e ragazzi. Assistiamo ad un aumento dei disturbi di ansia, dei disturbi depressivi e di quelli del sonno. Senza contare l'aumento dei tentativi di suicidio tra i giovanissimi: parliamo di un 20% in più. Gli effetti a lungo termine di questa pandemia sono ancora da valutare ma temo che lasceranno segni pesanti.»

Insieme ad altri medici pediatri di famiglia, si sta attivando per effettuare screening sui bambini nelle scuole. Quale lo scopo principale di questo impegno?
«Come dicevo, i bambini molto spesso sono asintomatici. Ne consegue che se in una scuola ho dieci bambini positivi ma che non hanno alcun sintomo, il virus entrerà come minimo in dieci case. In ogni nucleo familiare ci sono anziani o soggetti più fragili che potrebbero contrarre il virus in maniera più seria. E' così che si generano i cosiddetti cluster ma così possono nascere anche dei veri e propri focolai. Allora perché non monitorare le scuole? Perché non fare una campagna di screening a tappeto in ogni comune? Così avremmo un quadro più chiaro sulla percentuale di asintomatici ma si potrebbe anche bloccare la catena del contagio prima che sia troppo tardi. Abbiamo a disposizione i test salivari, sono attendibili, meno costosi e ben tollerati dai bambini più piccoli rispetto ai tamponi molecolari, perché non iniziare?»

Restando sul tema, chiariamolo definitivamente: i test salivari sono attendibili? Se si, quanto rispetto ai tamponi molecolari?
«Nei primi mesi dell'emergenza sanitaria i salivari venivano ritenuti poco attendibili. Oggi, a distanza di un anno dall'inizio della pandemia, sono stati perfezionati. Sappiamo per certo che hanno un'elevata attendibilità e sono nettamente superiori agli antigenici. Oggi l'attendibilità di un salivare si avvicina di molto a quella del molecolare.»

Ma vi state attivando anche per effettuare studi sui bambini che hanno già contratto il Covid.
A cosa servirà questa ricerca?
«Ad oggi, proprio per il fatto che molti bambini rimangono asintomatici, non sappiamo se sviluppino una vera e propria immunità dopo aver contratto il virus.
Non si hanno dati certi sulla formazione di anticorpi in età pediatrica. Questo, in parole povere, può significare che un bambino potrebbe contrarre il Covid due o più volte in un ridotto arco temporale ed essere veicolo di contagio. Lo studio servirà proprio a chiarire questi aspetti.»

Quali le strategie da adottare per cercare di arginare il contagio?
«Non abbassare la guardia in primis. L'arrivo delle varianti ha dimostrato che il virus continua a mutare e che la curva epidemiologica può tornare a salire in poco tempo. A mio avviso va ristabilito un contact tracing capillare per controllare e arginare la diffusione del virus. Dobbiamo scongiurare cluster e focolai e l'unico modo per farlo è monitorare il territorio con screening a tappeto. I presidi territoriali come anche gli AmbuFest potrebbero essere un'impor tante risorsa e garantire un monitoraggio costante anche nei week-end. Se dobbiamo combattere un nemico comune, servono le armi giuste.»