Le spie rosse dell'alert sono accese da giorni e l'assessore regionale Alessio D'Amato ripete da tempo che la Ciociaria è fortemente attenzionata per l'impennata della curva dei contagi, alimentata dal diffondersi delle varianti. Con i 241 nuovi casi di ieri in provincia di Frosinone si è arrivati a quota 21.131 contagiati dall'inizio della pandemia. E 410 decessi.
L'andamento è indicativo. Per superare i 1.000 casi ci sono voluti 209 giorni, dal due marzo al ventiquattro settembre. Per arrivare a 2.000 invece sono passati 24 giorni, dal venticinque settembre al diciotto ottobre.
Poi, per oltrepassare i 3.000 casi, di giorni ne sono bastati 6, dal diciannove al ventiquattro ottobre.

Ancora: da 3.000 a 4.000, appena 5 giorni, dal venticinque al ventinove ottobre. E da 4.000 a 5.000 soltanto 3 giorni: trenta ottobre, trentuno ottobre, primo novembre. Sono stati 4 i giorni per arrivare a 6.000: dal due al cinque novembre. 3 giorni per arrivare da 6.000 a 7.000: dal sei all'otto novembre. Proseguendo, 5 giorni per arrivare e superare quota 8.000: dal nove al tredici novembre. E 5 giorni pure per oltrepassare i 9.000: dal quattordici al diciotto novembre. Mentre da 9.000 a 10.000 sono trascorsi 3 giorni: dal diciannove al ventuno novembre.

Infine, da 10.000 a 11.000 casi i giorni passati sono stati 7, dal ventidue al ventotto novembre. Da 11.000 a 12.000 di giorni ne sono trascorsi 10: dal ventinove novembre all'otto dicembre. Poi 9 giorni (dal nove al diciassette dicembre) per passare da 12.000 a 13.000 casi. Infine, 10 giorni per passare da 13.000 a 14.000 contagi, vale a dire dal diciassette al ventisette dicembre. Mentre per arrivare a 15.000 casi di giorni ne sono trascorsi 7: dal ventotto dicembre 2020 al tre gennaio 2021. Quindi, 7 giorni pure per passare da 15.000 a 16.000: dal quattro al dieci gennaio. Poi 12 giorni per arrivare a quota 17.000 partendoda 16.000. Dall'undici al ventidue gennaio. E sempre 12 giorni per oltrepassare i 18.000 partendo da 17.000: dal ventitré gennaio al tre febbraio. Mentre sono passati 11 giorni per oltrepassare i 19.000: dal quattro al quattordici febbraio. Poi 7 giorni per arrivare a 20.000, dal quindici al ventuno febbraio. Infine 6 per oltrepassare 21.000: dal ventidue al ventisette febbraio.

Questa la sequenza completa: 209-24-6-5-3-4-3-5-5-3-7-10. Quindi, 9-10-7-7-12-12-11-7-6. L'accelerazione è evidente. Nello studio elaborato dalla Fondazione Gimbe emerge che nella settimana compresa tra il 17 e il 23 febbraio la Regione Lazio ha registrato un incremento percentuale dei casi di contagio da Sars-Cov-2 del 3%. Nelle ultime due settimane si è rilevata un'inci denza di 235 casi positivi ogni 100.000 abitanti.
Dai grafici elaborati dal Gimbe si nota che le province di Viterbo, Rieti, Latina e Roma presentano un basso incremento percentuale dei contagi, tra il 2% e il 3%.
Nella settimana compresa tra il 16 eil 23 febbraio.

I dati della provincia di Frosinone, invece, sono molto diversi: l'incremento percentuale dei casi rispetto alla settimana precedente è compreso tra il 6% e il 7%. Mentre il tasso di incidenza oscilla tra i 350 e i 400 casi ogni 100.000 abitanti. In questo periodo le province più colpite in Italia sono state quelle di Brescia, Ancona e Perugia. Tutte attestate intorno ai 600 casi ogni 100.000 abitanti. Questa la situazione fino ad un paio di giorni fa. Ma è chiaro che si è registrata una ulteriore impennata della curva dei contagi. Ci sono poi altri report significativi. Come quello del portale web "Eventi e Covid". La mappa mostra una stima di essere esposti al Covid-19 sulla base del numero di persone che partecipano ad un evento. Il rischio è espresso come la probabilità che almeno un individuo positivo sia presente all'evento.

L'ipotesi presa in considerazione è quella della probabilità che sia presente almeno una persona infetta in un gruppo di cento. In provincia di Frosinone questa possibilità è del 43%. In quella di Latina del 25%, in quella di Roma del 31%. È del 31% in provincia di Roma, del 24% in quella di Viterbo, del 23% a Rieti. Per avere altri termini di paragone, è del 35% in provincia di Bergamo, del 40% in quella di Milano. A Brescia è del 70%, a Bologna del 68%.